La questione della "reciprocità" e la libertà religiosa, nel contesto dell'immigrazione in Italia - Il confronto Italia - Marocco

L'incontro genera ricchezza - Il dialogo tra Italia e Marocco, il Mediterraneo come grande opportunità per l'Europa - Padova 23 novembre 2014

con gli interventi di Stefano Allievi, Adone Brandalise, Flavio Zanonato, Ahmed El Khdar, Brahim Azaky, Egi Cenolli, Hannou Youssef, Piero Ruzzante

24 novembre 2014 - autore: 'Alī M. Scalabrin e Rachida Razzouk
Ultimo aggiornamento: 03 dicembre 2014

Basmala
Nel nome di Dio Il sommamente Clemente, il sommamente Misericordioso

Salam
La pace, la Misericordia, e le benedizioni di Dio siano su di voi

 

In occasione di un incontro a favore del dialogo fra i cittadini e fra i paesi, tenutosi a Padova il 23 novembre 2014, presso la sala "Caduti di Nassiriya" in Piazza Capitaniato, alla presenza dei sindacati, esponenti del PD, SEL, Padova2020, della Commissione stranieri del Comune di Padova, di alcuni docenti della Università degli studi di Padova come Stefano Allievi e Adone Brandalise, oltre alla presenza dell'eurodeputato, nonché ex-sindaco di Padova, Flavio Zanonato e del console Generale del Regno del Marocco, Ahmed El Khdar, si è parlato (anche e non solo) del tema della "reciprocità" nell'ambito della libertà religiosa, in riferimento al contesto dell'immigrazione in Italia.

L'evento, organizzato da Brahim Azaky, Egi Cenolli e Hannou Youssef, della commissione stranieri del Comune di Padova, è stato denominato "L'incontro genera ricchezza - Il dialogo tra Italia e Marocco, il Mediterraneo come grande opportunità per l'Europa", in risposta al rifiuto, da parte del primo cittadino di padova Massimo Bitonci di incontrare il console generale del Regno del Marocco Ahmed El Khdar, basando il suo discorso sull'alquanto vago e strumentalizzato concetto di assenza di "reciprocità", replicando anche su facebook: «Gli islamici devono rispettare i cristiani», scrivendo con il classico "maiuscoletto" che, secondo il decalogo della netiquette, denota un tono aggressivo e considerato "incivile e scortese". Inoltre, il sindaco, minacciando di non rilasciare alcuna concessione per la festa di fine digiuno dei musulmani, cade nel comune errore di chi "ignora" di cosa si stia parlando, scrivendo "RAMADAM" con la "M" finale e non con la dovuta "N".


Post dell'08 novembre 2014 del sindaco M. Bitonci su facebook
riportato da Il Mattino di Padova del 09/11/2014

La decisa risposta al sindaco Bitonci - I rapporti economici e culturali fra Italia e Marocco

Ad aprire il dibattito, in una gremita sala dedicata ai caduti di Nassirya, Piero Ruzzante, consigliere della Regione Veneto, con toni duri e decisi, definisce il sindaco di Padova “un maleducato che non capisce nemmeno quale sia il motto che, da qualche secolo, caratterizza la nostra università di Padova: “Universa Universis Patavina Libertas” (Tutta intera, per tutti, la libertà nell'Università di Padova). [...] Questa è Padova e quel sindaco, con quel gesto ignorante, non ci rappresenta, non è il sindaco di tutti”.

"Questa chiusura, ve lo voglio dire in maniera molto franca, va contro gli interessi del Veneto e dell’Università di Padova", continua Ruzzante sottolineando "l'importanza dei rapporti e delle relazioni nel Mediterraneo che garantiscono una grande opportunità per l’Europa".

"L’Italia è il sesto partner commerciale mondiale del Marocco con 2 mld di euro con un saldo positivo per il nostro Paese di 862 mln nel 2011. Esportiamo prodotti alimentari, vestiario. Il Veneto è la terza regione italiana per esportazione dopo la Lombradia e il Piemonte, l’11% dell’export appartiene alla nostra regione". "Nel 2012 la Regione Veneto ha sottoscritto un accordo commerciale con la regione di Marrakech, Tansift-Al Hauz a dimostrazione di quanto siano importanti questi rapporti commerciali con il Paese"

Anche Youssef Hannou, membro della commissione stranieri del Comune di Padova, afferma che è il Marocco stesso a ritenere che il Mediterraneo rappresenti una "zona strategica e da sempre, lavora per rafforzare la cooperazione e il sostegno verso tutte le iniziative che mirano a realizzare la convergenza tra i paesi del Mediterraneo per lo sviluppo delle due regioni della costa mediterranea e per incentivare la competitività per far fronte alla concorrenza internazionale come per esempio i conglomerati asiatici".

"Bitonci non è solo maleducato che non rispetta gli oltre 2 mila marocchini residenti a Padova, ma non ha alcun rispetto nemmeno verso le aziende italiane che esportano verso il Marocco".

In merito alle origini della contestazione, il noto scrittore ed esperto nei fenomeni migratori, Stefano Allievi, docente di sociologia e globalizzazione e pluralismo culturale all'Università di Padova, ci spiega chiaramente che "alla presenza del Master sull’Islam in Europa, era presente anche il console del Marocco" che ha espresso parere positivo, in risposta alla domanda di una giornalista, che proponeva un incontro con il sindaco di Padova, nonostante, come precisa lo stesso console El Khdar, non vi sia stata nessuna richiesta ufficiale da parte delle istituzioni consolari marocchine, , venivano definiti eventuali argomenti su cui discutere. "Da lì la risposta del sindaco e quello che è successo dopo", conclude Allievi.

Da ricordare anche che, precedentemente, lo stesso Bitonci ha rifiutato l'incontro con il console cinese ed è stato protagonista del mancato incontro con l’europarlamentare ed ex ministro dell'integrazione Cecile Kyenge, liquidandola con un presuntuoso "Aspetti il suo turno" .

Citando le parole del presidente degli Stati Uniti d'America, Barack Obama, il consigliere comunale Ruzzante sottolinea come gli immigrati rappresentino "un arricchimento della nostra società" e lodando la coraggiosa scelta di regolarizzare 5 mln di immigrati per 3 anni, ribadisce il contrasto fra una "nazione dinamica, giovane e imprenditoriale" e le chiuse mentalità di alcun politici italiani. "Non possiamo essere un paese dove i nostri figli crescano nell’angoscia che le loro madri possano essere deportate", afferma Obama, "questo dibattito deve concentrarsi sulle nostre speranze , non sulla nostre paure" e per finire cita la Bibbia in (Esodo, 23): “Un volta eravamo stranieri anche noi”.

Presente anche il segretario provinciale del PD, Massimo Bettin, che, precisando che l'incontro non rappresenta "un’iniziativa di campagna elettorale o partigiana", si scaglia contro "chi offende la dignità della nostra città, una città aperta, solidale, civile e intelligente". "Credo che noi dobbiamo renderci conto di una cosa", auspica Bettin, "che oggi, a partire da un episodio davvero sgradevole, si possa trovare l’occasione, non solo di un confronto di amicizia, rivolto ai temi più importanti per la comunità marocchina, ma che rappresenti l’inizio di una fase in cui ci rendiamo conto, insieme, che non si esce da questo clima permanente di tensione di campagna elettorale che il sindaco vorrebbe creare singolarmente". Bettin richiama quindi, ad "uno sforzo collettivo" finalizzato "ad uscire da questo cantuccio un po’ grigio, un po’ vergognoso anche per noi, in cui qualcuno vorrebbe metterci".

Adone Brandalise, docente di "Teoria della letteratura" all'Università di Padova, ci illustra come "tra l'università di Padova e il Regno del Marocco esistano da tempo delle relazioni particolarmente significative, sia per la qualità delle comunicazioni, [...], sia per alcuni dettagli che potrebbero, se sottolineati, creare forse qualche imbarazzo ai consumatori di luoghi comuni. Noi abbiamo delle iniziative con il collega Stefano Allievi, che dirige attualmente il Master di studi sull'Islàm in Europa, in cui il contributo, anche materiale, del Marocco rappresenta un elemento di sostegno non indifferente ad una iniziativa che credo potrebbe avere delle notevoli ricadute positive per la realtà padovana e italiana, rispetto alla quale, forse, la sensibilità degli attori istituzionali italiani non è mai stata particolarmente viva". Il Regno del Marocco ha, infatti, finanziato spontaneamente dieci borse di studio destinate ai marocchini residenti in Italia, insieme ad altre due messe a disposizione dall'UCOII (Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia).

Nelle parole del filosofo, non mancano certe le critiche nei confronti del sindaco Bitonci, definendo l'episodio una "gaffe istituzionale", e auspicando che "l'incidente non debba più ripetersi, per evitare a tutti noi di doverci vergognare di essere nati", ribandendo comunque, "la possibilità di mettere a fuoco le opportunità di un innalzamento qualitativo della definizione dei nostri rapporti sia con la realtà marocchina presente a Padova, sia con le istituzioni di quel Paese".

Riferendosi al Marocco, lo definisce "un Paese che, nel contesto della sponda sud del Mediterraneo, spicca per una tradizione di pluralismo culturale, linguistico e religioso, che [...] non deve, sotto il profilo del riconoscimento della libera partecipazione dei singoli soggetti, imparare molto dalla nostra realtà [...] e che ha trovato recentemente anche una soluzione importante in un processo ricco, partecipato e  dibattuto di riforma costituzionale".

Adone continua riferendosi alla "tristezza  delle retoriche politiche che vengono investite in Italia", che "sembra quasi a far pensare che qualcuno da noi ritenga che esista uno stato di “Musulmania” e quando, uno parla di reciprocità nel rispetto di quello che dovrebbe essere in linea di principio di diritti assolutamente sottratti a qualsiasi forma di negoziazione mercantile, come quelli riguardanti la libertà religiosa, che esistono realtà del mondo, che chiamiamo “arabo”, infinitamente ricche e differenziate con le quali sarebbe importante avere rapporti che riconoscano le specificità".

Infine, il professore, si rammarica della "grande difficoltà a capire quanto una presenza, come quella marocchina, come quella migrante, rappresenti una potenzialità importante, in termini non generici".

Sulla stessa linea il suo collega sociologo, esperto di Islàm in Europa, Stefano Allievi, che chiarisce come "l'incultura si sconfigge con la cultura e non con gli slogan, la maleducazione con l’educazione e l’ignoranza con il sapere.Viviamo in una città universitaria …all’Università si produce conoscenza". Di fronte alla "maleducazione istituzionale" del primo cittadino, risponde a tono affermando che "con il console si parla sempre, anche se si è in guerra. E' un’istituzione civile che l’umanità ha inventato per parlarsi, è il minimo che si possa fare !".

Lo stesso console del Regno del Marocco, Ahmed El Khdar, precisa perfettamente che il ruolo del proprio istituto "conferito in base alla Convenzione di Vienna", stabilisce "che ogni console deve proteggere nello Stato di residenza, gli interessi ed i cittadini dello Stato di invio".

"Vorrei dire che in tutte le mie visite di cortesia che ho fatto ai prefetti e ai sindaci delle varie province del Veneto, tutti hanno parlato di una comunità pacifica e ben integrata nel tessuto socio-economico locale, oltre a ciò, il diritto della pratica internazionale prevede che il console intrattenga e favorisca le amichevoli relazioni con le autorità del paese di accoglienza. La visita di cortesia è un modo e un’occasione per realizzare tutto questo. In ogni caso, le relazioni diplomatiche e consolari sono da sempre state fondamentali per avvicinare i paesi fra di loro".

"Bisogna ricordare che le relazioni diplomatiche tra il Marocco e l’Italia perdurano da dodici secoli, fino ad oggi. Queste relazioni si sono sviluppate sia sul piano politico, economico, commerciale, diplomatico e consolare, ma anche fatto di flussi umani reciproci.

"Il Marocco è da sempre una terra di tolleranza e di dialogo con le altre religioni e culture. Sin dai tempi antichi in Marocco ci sono ebrei e cristiani che praticano i loro rispettivi culti in totale libertà, convivendo pacificamente ed in simbiosi con i musulmani ed è stato proprio grazie a questa fusione culturale che il Marocco si può definire unico nell’area dei paesi arabo islamici".

Il console generale del Regno del Marocco conclude citando le parole di Papa Giovanni Paolo II, in occasione, nel 1985, della sua prima visita in un paese arabo come il Marocco ha una tradizione di apertura e tolleranza. In questo paese musulmano ci sono sempre stati gli ebrei e quasi sempre i cristiani, ciò è stato vissuto nel rispetto di tutti, in maniera positiva".

"La Chiesa cattolica guarda con rispetto questo Paese per conoscere la qualità del vostro cammino religioso e la ricchezza della vostra tradizione spirituale".

L'impegno del Marocco contro il terrorismo

E' doveroso ricordare anche come il Marocco, più di tutti gli altri Stati dell'area MENA (Medio-Oriente e Nord-Africa), abbia dimostrato, come precisa Youssef Hannou, "una forte determinazione nella lotta anti-estremismo agendo in modo coordinato con i paesi europei come la Francia, la Spagna e l’Italia. Ha contribuito allo smantellamento delle cellule terroristiche che cooperano nel reclutamento dei giovani per ingaggiarli, come combattenti, in organizzazioni come l’ISIS, minacciando la pace e la sicurezza, consegnandoli alla magistratura".

Chi sono i marocchini di Padova ?

L'europarlamentare, nonché ex-sindaco di Padova, Flavio Zanonato inizia il suo intervento ricordando un episodio della sua vita, realativo alla presenza dei marocchini come prima presenza straniera nel territorio italiano, in particolar modo nel Veneto. "La mamma offriva qualcosa ai marocchini che passavano con i tappeti; era per noi ragazzi un momento di curiosità e di festa. Questa cosa della presenza marocchina, mi ha sempre, in qualche modo, colpito e affascinato in modo positivo, perché mi dava la possibilità di incontrare e conoscere un pezzettino di mondo che non avevo la possibilità di visitare direttamente".

"A Padova", continua l'ex primo cittadino della città patavina, "abbiamo 30 mila cittadini provenienti da quella che chiamiamo comunità europea e al di fuori di questa, abbiamo la comunità marocchina che è quella più numerosa, ed è anche quella più integrata, che ha assunto uno stile comportamentale che è perfettamente collimato con il nostro".

"Un terzo della popolazione cittadina", precisa Allievi. "Non sono altra roba che snobbiamo". che costituirà qualcosa, la sta già facendo e lo farà sempre di più",  
"Ne abbiamo tra i nostri studenti, li abbiamo nel Dottorato, non perché sono (solo) bravi, ma perché nel dottorato centrano solo i migliori".

Tra i venti di guerra, oggi come ieri, c'è sempre chi dialoga

Zanonato, creando un parallelismo fra passato e presente, cita l'episodio dell'incontro, nel 1219, di San Francesco, fondatore della più grande confraternita monastica cristiana, nonché patrono d'Italia, con il sultano d’Egitto Malik al-Kamil, durante la V Crociata. "Parlano dello stesso Dio".

"E' sconvolgente", afferma l'europarlamentare, il "rapporto che si crea fra questi due personaggi: capiscono di non essere nemici; è lontanissima questa tradizione e non sempre le tradizioni vengono rispettate. Le tradizione sono "carsiche": si fanno sotto, riemergono di un dialogo di confronto".
"Una cosa che appartiene ad un pezzo di cultura e di civiltà di cui dobbiamo essere orgogliosi che spesso troppo semplicemente accantoniamo e dimentichiamo. L’occidente ha commesso errori drammatici nel confronti del mondo cosiddetto islamico, pensiamo a cosa è successo in Iraq, la democrazia occidentale ha portato il paese in una situazione di assoluta instabilità con problemi che adesso nessun riesce a risolvere".

"Invece di cercare il dialogo e il confronto sulla reciproca convivenza, si destabilizza e anche lì ci sono degli interessi che non vengono del tutto enunciati".
"Dobbiamo puntare a stabilizzare questo mondo", esorta l'ex sindaco, "dobbiamo combattere tutti questi comportamenti e cercare positività nelle relazioni".

Cosa c'è di sbagliato nel cosiddetto "principio di reciprocità" ? - Perché non ha senso parlare di "reciprocità" ?

E' importante capire quanto il vago e fondamentalmente anti-democratico concetto di "reciprocità", in tema di libertà religiosa, già ripreso, in occasione delle discussioni relative all'uso pubblico del velo e alla costruzione di moschee in Italia, nel 2008 e nel 2011 da Berlusconi "Niente contro islam, ma serve reciprocità" in occasione del suo intervento alla convention del PDL al Palasharp di Milano, ripreso anche nel sito dell'UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti), è denso di errori:

1. L'imprescindibilità e l'ineludibilità delle libertà fondamentali sancite dalla Costituzione italiana

Il primo errore su cui si focalizza la rivendicazione della «reciprocità», vincolando, di fatto, la libertà religiosa ai musulmani in Italia fintanto che non sia analogamente garantita la libertà religiosa anche ai cristiani nel (non ben precisato) «mondo islamico», consiste nell'ignorare che i diritti inalienabili dell'individuo non possono in alcun modo essere vincolati alle politiche di Stati terzi esteri. La negazione delle libertà fondamentali, sancite dalla Costituzione e dalla ratificazione dei vari trattati internazionali sui diritti dell'uomo, non può divenire il pretesto per esigere un analogo atteggiamento illiberale da parte del proprio Paese.

La libertà religiosa in Italia non coincide con la libertà dell'atto di fede (che, di per sé, per sua natura non può che esser libero, come atto di coscienza individuale) e non va confusa con la tolleranza. Giuridicamente parlando, la libertà religiosa si esplica come l'immunità dalla coercizione esterna e qualificata come un diritto pubblico soggettivo. Tecnicamente parlando, la condizione giuridica di libertà religiosa in Italia si esprime con la condizione dell'essere immuni dalla negazione o dell'imposizione un determinato credo.

Possiamo definire due tipi di libertà religiosa:

  • Libertà religiosa istituzionale (riferita alle Confessioni religiose) (art. 7 e 8 Costituzione)
  • Libertà religiosa individuale e collettiva (riferita alle persone fisiche e alle confessioni religiose) (art.  19 Costituzione)

"Tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume" (art. 19 Costituzione italiana)

Il termine "tutti", in riferimento al diritto di professare liberamente la propria fede, è già ulteriormente esplicitato nell'art. 3 della stessa Costituzione:

"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese" (art. 3 Costituzione italiana)

"Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze" (art.8 Costituzione italiana)

Inoltre, sulla base della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) del 2000:

"Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti".
"La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui" (art.9 comma 1e2 CEDU)

Il campo di applicazione della normativa italiana sulla libertà di culto delinea nettamente, quale oggetto, il diritto inalienabile di professare un credo, in forma individuale o associata (compreso l'ateismo, Corte Costituzionale sentenza n.149 05/05/1995 e sentenza n. 117 10/10/1979), il diritto a non essere costretti a professare un culto particolare o anche nessun culto, il diritto a poter fare propaganda religiosa, esercitando il culto, in pubblico ed in privato.

Gli unici limiti posti dalla normativa riguardano il divieto dei riti contrari al buon costume, che offendono la libertà sessuale, il pudore e l'onore sessuale e nessun altro limite o vincolo può esser né preteso, né imposto.

Ne scaturisce il fatto che nonostante lo Stato italiano si dichiari incompetente in materia religiosa, è compito delle istituzioni e di ogni cittadino preservare e garantire l'applicabilità della normativa sulla libertà di culto.

2. Il vizio sui soggetti della contestazione: Cittadini o stato ?

Quando si parla di reciprocità, intanto, ci si deve raffrontare con le istituzioni fra stato e stato non fra cittadino e cittadino. Non è infatti possibile identificare uno Stato e le sue politiche con i cittadini di quello stesso Stato, poiché questi non sono responsabili delle scelte dei propri governanti, a maggior ragione in Paesi dove non esiste alcuna forma di democrazia e dove i cittadini sono al contrario vittime di tali regimi oppressivi. Inoltre l'Arabia Saudita non è certo fra i paesi di provenienza dell'immigrazione in Europa, allo stesso modo di come il Vaticano non è un paese di arrivo di immigrati.

3. Quali stati da confrontare ?

Quando si parla di reciprocità si tende a fare il paragone con il "mondo arabo" e, spesso, chi utilizza tale terminologia non ha ben compreso il fatto che con il termine "mondo arabo" o "mondo musulmano" si comprende una realtà del tutto eterogenea ed estremamente variegata, con un estensione geografica non ben definita, caratterizzata da molteplici tipologie diverse di regimi confessionali, semi-confessionali, laici, che, in alcuni casi, hanno ben poco a che vedere con l'Islâm in sé. Il confronto con il contesto istituzionale italiano, semmai, deve sempre esser fatto su base statistica di provenienza degli immigrati in Italia, visto che il "problema" sarebbe scaturito dalla convivenza fra le varie realtà migratorie qui in Italia.

Su poco più di 5mln di stranieri in Italia, (la cui incidenza (6,8%) sulla popolazione è più bassa della media europea), lasciando perdere oltre un milione di cittadini della Romania (ora UE-27), i 190mila dell'Ucraina ed i 140mila della Moldavia (che, da soli, costituiscono quindi un buon 27% degli stranieri in Italia), oltre ai 300mila cinesi (6%), i 158mila dalle Filippine (3%), (27+6+3=36%), il paese di provenienza a maggioranza musulmana è il Marocco (con circa 500mila (in calo) di immigrati), pari all'8,5% della popolazione migrante in Italia, circa alla pari con gli albanesi, che, ovviamente, non sono tutti di religione musulmana.

Circa il 33% degli stranieri residenti in Italia, è composto da musulmani, di cui, come abbiamo già visto, solo il 25% (ovvero l'8,5% di tutti gli stranieri) sono marocchini, con invece un presenza significativa di musulmani europei. Quindi, dando credito alla tesi della reciprocità, il confronto non può che esser fatto, in primis, che con il Marocco.

4. La presenza di strutture di strutture di culto cristiano nel mondo arabo e in Marocco

Considerando il fatto che uno dei fattori scatenanti della polemica in merito alla reciprocità religiosa è proprio la mancanza e quindi la richiesta di poter edificare nuove moschee per i musulmani presenti nel territorio italiano, andiamo a vedere, nell'ottica ipotetica di una reciprocità, la reale presenza di chiese, basiliche e cattedrali del culto cristiano nel "mondo arabo".

Prima di parlare del Marocco, rimaniamo in quel che definiamo "mondo musulmano", all'interno del quale, contiamo la presenza, a livello di strutture atte ad officiare il culto cristiano (nelle sue varie ramificazioni), tre cattedrali e due basiliche in Algeria (0,01% di cattolici), una cattedrale in Mali (1,3% di cattolici), una cattedrale in Tunisia (meno del 3% di cattolici), sette cattedrali in Senegal (7% di cattolici), sei cattedrali in Etiopia, cinque cattedrali in Sudan (9% di cattolici), cinque cattedrali in Egitto (0,4% di cattolici), quattro cattedrali e due basiliche in Turchia (0,07% di cattolici), quattro cattedrali in Bosnia ed Erzegovina (8,3% di cattolici), una cattedrale negli Emirati Arabi Uniti (2,5% di cattolici), due cattedrali in 'Iraq (meno dell'1% di cattolici), una cattedrale in Kuwait (5% di cattolici), quattro cattedrali in Siria (1,6% di cattolici), sette cattedrali in Pakistan (0,5% di cattolici), sei cattedrali in Bangladesh (meno dello 0,2% di cattolici), 32 cattedrali in Indonesia (3,5% di cattolici).

In Marocco, sulla base dell'ultimo censimento effettuato, il 99.7%, sono musulmani, l'0,1% sono cristiani cattolici (si contano circa 27 mila fedeli cattolici su una poplazione di 33 milioni di abitanti) e lo 0.2% sono ebrei.

Due Diocesi cattoliche (Rabat e Tangeri) amministrano più di 80 tra cattedrali, chiese e monasteri, distribuiti in più di 40 città del Marocco. Vi sono anche alcuni monasteri: le suore Clarisse di Casablanca, le suore del Monastero della Visitazione a Tazert, le suore Trappiste di Midelt, oltre a 84 istituti scolastici e 21 istituti di beneficenza.

Le strutture più importanti le troviamo nelle seguenti città del Marocco:

  • Casablanca: 1 cattedrale e 5 chiese;
  • Rabat: 2 cattedrali e 2 chiese
  • Tangeri: 1 cattedrale e 1 parrocchia
  • Agadir: 1 chiesa
  • Marrakech: 1 chiesa
  • Fés: 1 chiesa
  • El Jadida: 1 chiesa

Tutte riconosciute e spesso sovvenzionate dallo Stato marocchino.

Italia c’è una sola moschea ufficiale (quella di Roma) per 1,7 mln di musulmani (su 59,8 mln del totale della popolazione), il resto sono tutti capannoni, garage, uffici maldestramente adibiti a locali di preghiera senza alcun riconoscimento.

"Il Marocco, in realtà, dovrebbe essere l'ultimo Paese musulmano a cui rivolgere tali contestazioni", afferma Muntasir Hamad, ricercatore marocchino esperto in movimenti islamici. "Esso infatti fu il primo Stato islamico a ricevere il Papa nel suo territorio, in occasione della visita di Giovanni Paolo II nel 1986". Per quanto riguarda le critiche rivolte al Marocco, Hamada ritiene che si tratti indiscutibilmente di critiche di natura politica; aggiunge, inoltre che "la situazione dei cristiani in Marocco non è caratterizzata dall'inquietudine o dal disagio", riprendendo le parole dei rappresentanti ecclesiastici delle istituzioni religiose in Marocco. "Ciò che attira l'attenzione, e che viene sfruttato politicamente da alcuni partiti politici all'estero, sono i rari casi di musulmani che si convertono al cristianesimo. Situazioni reali che però rappresentano delle eccezioni, che finiscono per diventare più un fenomeno mediatico che sociale".

Il Marocco, oltre ad aver una storia del tutto unica sul rispetto verso la religione ebraica e cristiana, oltre ad aver inserito nella Costituzione del 2011 la garanzia del "libre exercice des cultes", ("libero esercizio dei culti" (notare il plurale!), art.i 3 e 41 Costituzione del Regno del Marocco), oltre a ciò, , è tra i Paesi arabo-islamici che hanno approvato il progetto di risoluzione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite sulla libertà di credo religioso, nell'aprile 2014. Nel testo si legge: "ogni individuo è libero di avere o non avere una propria religione e di cambiarla senza timore di essere giudicato o condannato".

5. Il confronto con l'Arabia Saudita

«Se c’è una moschea a Roma, perché non si può costruire una chiesa a Mecca?» è una classica contestazione che la retorica qualunquista del "principio della reciprocità" interpone nel discorso religioso.

Il confronto con l'Arabia Saudita non regge. L'Italia è una repubblica (dal 1946) dotata di una Costituzione laica (solo dal 1948, fino a prima, lo stato fascista doveva considerarsi stato confessionale, in quanto designava una deterimanta religione, quale religione di stato e prima ancora era una una monarchia costituzionale basata sullo Statuto albertino), mentre l'Arabia Saudita è una monarchia assoluta confessionale (Islām wahabita) dal 1932 (proviene dal Regno del Neged e dell'Hijiaz che, a sua volta deriva da un sultanato).

Nel 2010, i sauditi residenti in Italia erano 107 su una popolazione italiana allora di 59 milioni di abirtanti (rappresentando circa lo 0,00018% dell'intera popolazione italiana) e non fanno certo parte del fenomeno migratorio. Gli italiani in Arabia Saudita nel 2003 erano 715 (su 27 mln, (oggi 29 mln) di abitanti, pari allo 0.000026%), la stragrande maggioranza impiegati presso grosse aziende italiane e in qualche azienda minore, nelle strutture diplomatiche o nel commercio. Tralasciando le cifre che parlano da sé, tralasciando il fatto che non possiamo sindacare né sull'appartenenza religiosadi questi italiani in territorio saudita (se son cristiani o atei ad esempio), né, se son cristiani, sull'effettiva partecipazione attiva al culto, in Arabia Saudita, comunque si contano circa 2 milioni di cattolici in Arabia Saudita (pari al 6,9% della intera popolazione, in aumento) anche se si tratta esclusivamente di lavoratori immigrati: in prevalenza filippini (circa 1,4 milioni, per l'85% cattolici) e indiani, non certo italiani.

Quindi, al massimo l'Arabia Saudita può esser messa a confronto con lo Stato della Città del Vaticano (monarchia assoluta teocratica elettiva) o con Stato d'Israele, (formalmente una repubblica parlamentare, ma di fatto un regime assoluto confessionale), stati che si fondano su basi teocratiche, non certo con l'Italia.

Inoltre il fatto che in Arabia Saudita stanno i principali luoghi di culto dell'Islām, quale luogo anche di pellegrinaggio, sta alla pari di un italiano che va a visitare la Basilica di S.Pietro in Vaticano.

Inoltre, se nel Regno Saudita non vi è libertà religiosa, ciò non avviene perché l’Islām la neghi, ma perché al potere vi è una dinastia wahabita caratterizzata da un’ideologia integralista, intransigente ed irrispettosa dello stesso Corano.

6. Reciprocità teologica. Islām e la sua applicazione religiosa e civile dei «Paesi islamici»

L'applicazione dei precetti islamici assume mutevoli espressioni istituzionali che in alcuni casi affermano specificatamente di ispirarsi alla sharī'ah, in altri casi, pur essendo una maggioranza musulmana, non dichiarano espressamente di ispirarsi ai principi islamici. Allo stesso modo di come non si possono addebitare al cristianesimo le politiche dell’Europa, non si possono considerare "islamici" alcuni Paesi soltanto perché si dichiarano tali.

La stessa definizione di "terrorismo islamico" o "di matrice islamica" rappresenta una vaga e confusa strumentalizzazione di un contesto troopo spesso usato in termini discriminatori e generalistici.

Il Corano scende «a conferma e protezione delle Rivelazioni precedenti» (Corano Al-Mâ'ida 5,48) e, l'Islām riconosce che tutte le religioni ortodosse sono ugualmente «vere» e che ciascuna di esse costituisce per i propri fedeli un percorso valido di ritorno a Dio. L'Islām riconosce, nel Cristo, il Porfeta, nato da Maria Vergine e dichiara l'origine integralmente divina del Cristianesimo: un cristiano che si converte all'Islām non deve e non può pertanto abiurare la sacralità del Cristianesimo, (tranne il riconoscimento della natura divina del Cristo). Al contrario, se un musulmano si converte al Cristianesimo, è costretto a rinnegare la figura del Profeta Muhammad e la Rivelazione coranica, poiché la dottrina cattolica non riconosce alle altre Rivelazioni, né riconosce la missione profetica di Muhammad, né indica nel Sacro Corano il Verbo di Dio che si fa Libro.

7. La libertà religiosa e di conversione nei paesi a maggioranza islamica

Secondo la dottrina ortodossa dell'Islam, un musulmano non può convertirsi al Cristianesimo. La stessa dottrina cristiana, peraltro, considera «apostati» coloro che si convertono all'Islām, sebbene in maniera del tutto illegittima ed anzi portando una forzatura all'etimologia stessa del termine «apostata», che indica colui che «si volge indietro», e non può certo riferirsi a coloro che abbracciano l'ultima Rivelazione del monoteismo abramico senza in nessun modo rinnegare le precedenti.

L'apostasia nell'Islām non è ben definibile e andrebbe separato il caso di conversione al cristianesimo o all'ebraismo dal caso di "conversione" all'ateismo o coumunque ad ogni possibile forma di associazionismo "shirk". Commettere "shirk" è un peccato nell'Islām, ma per far ciò bisogna associare a Dio qualunque altra cosa che non sia Dio stesso che essendo il tutto, non vi è altro al di fuori. Nel contesto pagano il fatto di venerare molti idoli diversi è considerabile come "shirk", ma un cristiano, (nel senso originario del termine) non può esser definito mushrikûn (colui che commette "shirk"), in quanto parte della Gente del Libro (Ahl al-Kitāb), ciò che può esser contestato semmai, è l'adorazione della figura di Gesù come Dio e figlio di Dio, nel quadro trinitaristico, ma anche qui il dibattto all'interno della ummah islamica è assai variegato. In ogni caso, né il caso di shirk, né il caso di conversione "a ritroso" verso le precedenti religioni abramitiche, può esser giudicato e emesso sentenza nel mondo terrestre. Sarà Dio e solo Dio a giudicare le nostre azioni, sulla base delle nostre intenzioni.

In Marocco l'art.220 del Codice penale marocchino punisce «con la reclusione dai sei mesi ai tre anni», «chi usa minaccia o violenza, mezzi di seduzione per costringere le persone a partecipare ai riti religiosi». Quindi solo in caso di ostentata e coatta forma di proselitismo costrizionale nei confronti di altri musulmani.

8. La "reciprocità" dei cittadini italiani musulmani

Inoltre, come concepire tale polemica nei confronti ad esempio di cittadini italiani musulmani (che hanno acquisito la cittadinanza italiana) o, allo stesso modo, nei confronti di cittadini italiani convertiti, (nati da genitori italiani che possiedono la cultura italiana del posto) e che, pur essendo musulmani, non hanno nulla a che fare con il "doveroso" concetto di reciprocità, non essendo nemmeno legati a nessun paese arabo musulmano ?

Non si possono imputare ai musulmani italiani, per il solo fatto che sono musulmani, le politiche dei paesi arabi. Fra l'altro i maghrebini, (tunisini, algerini e marocchini), geneticamente parlando, non sono nemmeno "arabi".

Non si comprende come i diritti civili di cui godono questi cittadini italiani, (convertiti o naturalizzati, che godono alla pari gli stessi diritti, che in materia di libertà di culto non sono definibili sulla base della cittadinanza, ma con un "tutti", senza lacuna distinzione), possano costituire una variabile dipendente rispetto ai diritti civili richiesti da alcuni stranieri, eventualmente cristiani, in Stati che li negano.

Le religioni, infatti, risultano trasversali rispetto alle nazionalità, quindi potrebbero capitare l'inglese (o italiano) musulmano e quello marocchino: rispettiamo la libertà religiosa della prima perchè viene da una democrazia e però poi calpestiamo quella della seconda? Generare diversi trattamenti a seconda delle nazionalità, oltre che esser anti-costituzionale ci riporterebbe al medioevo con le varie giurisdizioni speciali. Noi siamo una democrazia e quindi non possiamo trattare diversamente le persone in base alla nazionalità di provenienza (eh sì, in base alla nazionalità e non alla religione visto che questa è trasversale rispetto alla prima). In tutte le costituzioni dei Paesi democratici vige il principio di uguaglianza, quello di reciprocità trova asilo solo nella stipulazione di trattati internazionali.

9. Mancanza di un'intesa con lo stato italiano In Italia

In Italia, ci sono 11 confessioni religiose (tutte estremamente minoritarie) che hanno concordato un'intesa con lo Stato italiano sulla base dell' art. 8, comma 2 e 3 della Costituzione italiana. Nessuna di esse riguarda l'Islām (nonostante l'Islām rappresenti la seconda religione per numero di praticanti in Italia), per cui le varie problematiche in materia di carne di maiale nelle mense scolastiche, assistenza religiosa nelle carceri, guida religiosa riconosciuta e non improvvisata, matrimoni misti, luoghi di sepoltura, venerdì festivo e altre festività con relativi permessi, tempi della preghiera rituale, permessi di assenza dal lavoro per il pellegrinaggio, periodo di Ramadan e quindi orari lavorativi, insegnamento religione islamica a scuola, mancanza di un "ente esponenziale" come rappresentante unico della comunità islamica, tutti questi fattori non sono concordati a livello nazionale, ma ogni realtà locale cerca di gestirli autonomamente senza alcun riconoscimento nazionale. E questo è grave per la seconda religione per numero di praticanti in Italia e per il milione e 700 mila musulmani in Italia.

L'errore più grave è quello, come giustamente sottolinea il prof. Stefano Allievi, dell'Università di Padova, di considerare l'Islām come un caso eccezionale, in sorta di "eccezionalismo islamico". Spesso l'obbligo sovente richiestodi imporre di usare la lingua italiana nel culto (che non vale per nessun altro, che si tratti di anglicani inglesi, luterani tedeschi, cattolici filippini, pentecostali nigeriani, indiani hindu o sikh, ebrei, italiani che prediligono il latino).

"L'esercizio del culto è un diritto costituzionalmente garantito, non una gentile concessione".

10. Strumentalizzazione sociale e politica della contestazione

Paradossalmente, molti di coloro che sollevano tale questione, politici in primis, non sono affatto religiosi e si servono del Cristianesimo come "vago collante ideologico" di un'altrettanto vaga e presunta «civiltà occidentale» Spesso queste critiche fanno trasparire la misera manifestazione di una "prestazione simbolica di cinismo", che si misura durante le campagne elettorali di alcuni membri di partito che non hanno altro argomento valido se non quello di fare leva sulle ancestrali paure della presenza/"invasione" dello straniero nella propria terra. Inoltre tale ottusa e illiberale logica non appartiene certamente ad un pensiero democratico, né tanto meno "cristiano" ma si associa maggiormente ad un egoistico e propagandistico atteggiamento finalizzato a scopi politici, egemonici ed economici.

La violazione di queste forme di libertà di culto, perpetrata in vari luoghi, in vari tempi e vari modi, nel corso della storia, non ha quasi mai una motivazione di tipo religioso, ma una motivazione socio-politico-economica, di formazione o mantenimento di equilibri di potere in cui l'aspetto religioso diventa un mezzo per perseguire tutt'altri fini. Lo spirito ecumenico con cui le religioni abramitiche (tutte indistintamente) affrontano il tema dell'incontro e del dialogo non è certo quello di chiusura, né si associa all'egoistica pretesa di reciprocità quasi tutte le persecuzioni religiose della storia (relative a qualsiasi credo) trovano sempre radice nello scontro tra poteri secolari, quasi mai per esclusivi principi di fede.


Un altro caso di incivile e incolta pretesa di "reciprocità" - 25 novembre 2014

Il sindaco della Lega Nord Andrea Sala di Vigevano, con tono strafottente e pretestuoso, nega permesso per un banchetto "a favore della pace" in piazza

Non è tanto l'aver negato la possibilità di poter partecipare attivamente ad un evento finalizzato ad una nobile iniziativa come quella della pace e della fraternità di tutti i cittadini, senza alcuna distinzione, come la stessa Costituzione prevede, ma la cosa più grave è il tono decisamente sarcastico e beffardo con cui ha comunicato la propria decisione, oltre all'inconsistente giustificazione del diniego.

Il sindaco di Vigevano, già indagato dalla Procura di Pavia con l'ipotesi di reato di falso e abuso d'ufficio, per la vicenda del mancato rinnovo del contratto a Pietro Di Troia, comandante della polizia locale, in merito alla richiesta di un cittadino di religione musulmana, residente a Desio che chiama "islamico", di organizzare uno stand in occasione dell'evento legato alla pace nel mondo, si "augura che sia uno scherzo" e rigetta senza mezzi termini, la richiesta, con toni decisamente discriminatori,in quanto, la sua amministrazione, a suo dire, "non intende concedere ad estranei, non conosciuti, l’uso di spazi pubblici, soprattutto in presenza di confessioni religiose che in questo momento storico sono agli onori della cronaca per alcune devianze fanatiche".

Conclude il post si facebook con un chiaro invito a «rivolgersi al Suo Paese di provenienza dove troverà la necessaria attenzione».

In un'altra occasione, sempre in riferimento alla richiesta di partecipazione all festa della pace, afferma: «Vuole venire a distribuire libri, ma gli islamici non sono benvenuti».

Oltre che chiaramente e gravemente incostituzionale, per i motivi già detti precedentemente, il fatto stesso di associare "alcune devianze fanatiche", con un chiaro riferimento all'ISIS, alla cortese richiesta di questo signore, che si vede esser discriminato da un'istituzione che dovrebbe proteggerlo, per il solo fatto che è musulmano. Ciò rappresenta una grave violazione all'art. 3 e 19 della Costituzione italiana.


Post del 25 novembre 2014 del sindaco A.Sala su facebook
riportato da Il Giornalettismo.com del 27/11/2014

 

Fonti bibliografiche e giornalistiche


 

Le informazioni contenute in questa pagina possono differire dalle consuete interpretazioni popolari e scolastiche in campo teologico islamico. Le opinioni ivi contenute rappresentano il ibero pensiero dell'autore.