Francesco d'Assisi, l'Islam e Maulānā Rūmī

Il misterioso ecumenico incontro fra il santo italiano, fondatore della più grande confraternita monastica cristiana e il sultano d’Egitto Malik al-Kamil.

Il parallellismo fra S.Francesco d'Assisi (1182-1226) e il poeta mistico persiano Maulānā Jalāl ad-Dīn Muḥammad Balkhī Rūmī (1207-1273), fondatore della confraternita sufi dei "dervisci rotanti"

03 febbraio 2013 - autore: Maurizio Sabbadini
Ultimo aggiornamento: 03 febbraio 2013
   

San Francesco Nella vita assai breve, dal 1182 all’ottobre del 1226, soli 44 anni, del Santo italiano per antonomasia, San Francesco d’Assisi, v’è un episodio che mi ha sempre molto colpito: quello del suo viaggio in Oriente in occasione della quinta Crociata e del suo incontro con il Sultano, o “Soldano” per dirla come nelle cronache del  1200 (anche Dante nella Divina Commedia -Inferno, V, 60 e XXVII, 90-).

Occorre dire subito che una biografia realistica e precisa della vita di San Francesco non è potuta arrivare fino a noi: essendo egli stato oggetto da subito, all'indomani della sua morte, di studi, imitazioni, illuminazioni, fonte d’ispirazioni e quant’altro, questo ha fatto sì che la narrazione biografica sia stata inevitabilmente pregiudicata dall'intenzione "politica" degli autori.

Del suo viaggio e soprattutto dell’incontro con il Sultano vi sono quindi molte versioni.


Francesco d'Assisi davanti al Sultano
Basilica superiore di Assisi - Giotto (1297-1300)

Si sa per certo che il viaggio iniziò da Ancona nell’estate del 1219. Ma quali furono le vere ragioni di un viaggio così impegnativo? Al di là di poco attendibili riletture che cercarono addirittura di far passare S.Francesco per un sostenitore delle crociate o, per lo meno, che il santo le potesse avvallare in qualche modo, ritengo che siano da privilegiare le ragioni di pace che si ispirano alla famosa prima Regola, del 1210, che tra l’altro raccomandava alla comunità dei fratelli: “quando i frati vanno per il mondo, non portino nulla per il cammino, ne’ sacco ne’ borsa ne’ pane ne’ bastone. E in qualunque casa entreranno, dicano per prima cosa: pace a questa casa…”.

Come avrebbe potuto Francesco accettare che i Crociati si chiamassero Miles Christi (soldati di Cristo), e che uccidessero nel nome di Cristo stesso? Egli che predicava “beati i pacifici”, e aveva scritto ai suoi compagni “se qualcuno non vuole o non può amare il suo prossimo come se stesso, almeno non gli faccia del male”. Le fonti storiche ricordano come Francesco si sia recato più volte dinnanzi ai pontefici del suo tempo per predicare la pace, e per chiedere il loro consenso ai suoi progetti di missione apostolica pacifica presso i saraceni.

Fu dunque così che, nel momento più cruciale della Quinta Crociata, bandita dal Concilio Lateranense, Francesco decise di partire con un gruppo di dodici compagni, tra cui Fra’ Illuminato, per il Campo dei Crociati, attendati nei pressi di Damietta, in Egitto. Vi si recò, come scrisse san Bonaventura, “con la ferma intenzione di presentarsi al Sultano d’Egitto.”.

Federico II di SveviaIl Sultano d’Egitto era Malik al-Kamil, “il sovrano perfetto” (1180 - 1238), re saggio e dotto, qualche storico asserisce che fosse un Sufi. Proprio con lui Federico II di Svevia, altro sovrano illuminato,  (rifiutò al Papa per tutto il suo regno di partecipare alle crociate e per questo fu scomunicato) stipulerà dieci anni dopo, nel 1229, un trattato per il recupero pacifico dei Luoghi Santi di Gerusalemme.

Giunti nel campo dei crociati, racconta Tommaso da Celano, Francesco e i cuoi compagni predicarono contro le Crociate. Sembra infatti che, nelle sue prediche, Francesco sostenesse la necessità di procedere a trattative di pace, suscitando l’ira del bellicoso delegato pontifico Pelagio Galvan, che rifiutò la proposta di trattativa di Malik al-Kamil , spingendo i Crociati ad una guerra che si concluderà poi con la disfatta totale ponendo le basi per la fine dell'era delle Crociate.

A questo punto, dai testi di Ernoul, di San Bonaventura, di Tommaso da Celano e di Jacques de Vitry emergono due diverse realtà, una più storica e l’altra più da leggenda agiografica.

Quest’ultima parla addirittura di una “ordalia” (dipinta anche da Giotto in Assisi) con la quale S.Francesco  avrebbe dimostrato la veridicità della sua religione (indi la falsità dell’Islam) e di una successiva conversione del Sultano. Lascio ad ognuno ritenere quanto di vero possa esserci in questa versione.

Quali sono i fatti storici? E' certo che Malik al- Kamil ricevette Francesco d’Assisi e Fra’ Illuminato, e li ospitò con magnanimità per un certo numero di giorni.

Il Soldano - racconta san Bonaventura che raccolse i ricordi di Fra’ Illuminato -, volentieri ascoltava Francesco.  Anzi lo invitò pure, con una certa insistenza, a rimanere con lui (…)”.

Lo invitò anche ad incontrare teologi e saggi musulmani per un dibattito sulle due religioni.

Sappiamo da uno studio di Luis Massignon che uno di questi saggi era Fakhr al-Din al-Färisi, grande figura di mistico musulmano che, è scritto in fonti arabe, “fu consultato dal sultano per l’affare del famoso monaco”.  Luis Massignon (1883-1962) fu un orientalista e teologo francese che visse a lungo tra i musulmani e fu autore di una celebre opera sul mistico musulmano Manṣūr al-Ḥallāj. Questi ispirò l’opera di un altro grande studioso italiano, il frate francescano Giulio Basetti Sani di Firenze (1912 – 2001), che studiò a fondo l’Islam, al punto che i fratelli francescani lo chiamavano scherzosamente “Maometto”, e che scrisse tra gli altri il libro “L' Islam e Francesco d'Assisi”.

Secondo questi studiosi appariva evidente che S.Francesco  fu ispirato dal movimento Sufi del tempo. Perché affermano ciò?

Torniamo alla sua visita al Sultano. Com’è possibile che uno sconosciuto chierico (non dimentichiamo che allora, quello che fu poi dichiarato Santo da Papa Gregorio IX nel 1228, due anni dopo la morte, non era così famoso nemmeno in Italia) riuscisse ad arrivare al Sultano, ad ottenere quello che nessun cristiano aveva ottenuto fino ad allora, in piena guerra, e persino senza l’appoggio dei cristiani e Crociati stessi? A ciò si aggiunga che i religiosi che tentarono ancora l’impresa dopo di lui finirono subito con la testa mozzata: i primi furono proprio 5 frati francescani nel 1220, i primi martiri dell’Ordine. Seguì una lunga serie di insuccessi e dialoghi infruttuosi.

In base alle fonti storiche si può affermare che il tenore dei rapporti tra le comunità cristiana e musulmana del tempo non permetteva alcuna apertura di dialogo. Il panorama era alquanto sconfortante: da parte cristiana, permeato dal clima delle crociate, il punto di vista era esplicitato nelle encicliche papali in cui si leggeva lo sprezzo per i cosiddetti infedeli. D'altra parte nemmeno lo schieramento musulmano presentava possibilità di apertura: il mondo arabo si presentava chiuso su se stesso, indifferente al diverso che veniva etichettato come inferiore e imperfetto. Possiamo quindi affermare con certezza che il clima non era certo adatto ad un tentativo di dialogo interreligioso. Ciò nonostante Francesco riuscì. Pagò un prezzo piuttosto duro, rimase in terra Santa almeno un anno, e sicuramente i patimenti e le difficoltà del lungo viaggio concomitarono alla sua prematura morte avvenuta non molto tempo dopo, ma riuscì in una missione impossibile per il tempo.

Come poté egli essere in qualche modo riconosciuto, considerato degno di incontrare il Sultano e di dialogare coi massimi saggi del Sufismo del tempo? La risposta non può che collegarsi ad una sua affinità con l’Islam.

Introduciamo a questo punto la celebre figura di Maulānā Rūmī, maestro Sufi definito “il San Francesco dell’Islam”: Maulānā Gialāl al-Dīn Rūmī  nacque il 30 setttembre 1207 a Balkh, nella regione del Khorasan, oggi Afghanistan.

RumiLa città, importante tappa lungo la Via della Seta, rappresentava il crocevia dove confluivano uomini e culture diverse, in una zona a cavallo tra il mondo persiano, quello turco, cinese e indiano. Il carattere cosmopolita della città, insieme alla figura del padre, un ortodosso dottore della legge islamica, contribuirono a forgiare la personalità di Rūmī. Durante l'invasione mongola, il padre decise di abbandonare la città con la famiglia e i discepoli. Al termine di un lungo viaggio giunse a Konya, in Anatolia e qui trascorse il resto della sua vita fino alla morte nel 1273. Rumi significa “il Romano”, di lì la possibilità che sia stato anche in Italia. Pur trovando tracce storiche di una visita di Rumi a Damietta nel 1216, dunque a 9 anni di età, e 3 anni prima di Francesco, appare difficile pensare che una così giovane figura abbia potuto influenzare il Santo italiano che nacque 25 anni prima.  Maulānā Rūmī ebbe  il suo Maestro in Shams-i-Tabriz (letteralmente il Sole di Tabriz, nota città iraniana) di cui si conosce molto poco. Rumi incontrò Shams-i-Tabriz che aveva 37 anni (1244). Shams-i-Tabriz morì in un tumulto popolare nel 1247. Maulānā Rūmī conobbe a Damasco anche un altro personaggio importante: Alī ibn Muhammad ibn al-ʿArabī (Murcia 1165-Damasco 1240) conosciuto in Occidente come Doctor Maximus uno dei più grandi mistici arabi, teorizzatore della wahdat al-wujūd (unità dell’essere). Ibn al-ʿArabī potrebbe essere l’anello di congiunzione con Francesco, che, come si evince dai suoi “Fioretti” viaggiò anche in Spagna (ivi recandosi in pellegrinaggio a Santiago de Compostela),  in Marocco e in Siria.

In ogni caso gli elementi Sufici trasudano molteplici in vari ambiti della vita di S.Francesco e molte sono le affinità con il grande Maulānā Rūmī:

·        Entrambi poeti, entrambi fondatori di una loro Confraternita monastica fra le maggiori, san Francesco nel Cristianesimo e Rumi nell’Îslâm. Entrambi vissero nel XIII secolo. Osserviamo allora  che questo XIII° secolo fu un periodo fertile di inizi, formazioni e delineazioni sia per il mondo Occidentale che per quello orientale. Varie figure basilari del mondo cattolico e del mondo islamico si trovarono in parallelo nel corso di questo secolo. Per esempio Dante che diede inizio alla poesia in lingua italiana e Yunus Emre per la lingua turca.

·        San Francesco si formò in gioventù a contatto diretto con trovatori francesi a loro volta influenzati dai trovatori musulmani, in particolare andalusi. Sappiamo che san Francesco parlava correntemente il provenzale. Per ciò che riguarda l’ambiente del tempo in cui san Francesco visse, non vanno dimenticati l’imperatore Federico II°, detto per antonomasia «il più musulmano dei re cattolici, il più cattolico dei re musulmani», e il grande Dante Alighieri. La poesia italiana si formò alla Corte di Federco II° per il contatto intenso con i poeti musulmani, di cui il maggiore, nella Sicilia stessa, fu Îbn Hamdîs (1055-1132). Dante Alighieri trasse ispirazione strutturale e figurale per la sua Divina Commedia dal testo musulmano Il viaggio notturno del Profeta Maometto.

·        La novella della bella povera che sposò un Re, ne ebbe figli che vissero alla mensa del Re, e che significava come gli eredi del Re Eterno non avranno mai da preoccuparsi per il loro sostentamento, che il Santo raccontò al Papa la si trova anche in Farîd âlDîn Âttâr (1140 c.1220 c.) autore dell’Elahi-nameh, e poi in una variante nel Mathnawî di Jalâl âlDîn Rûmî. Con questo non intendendo affermare che Francesco e Rûmî abbiano copiato da Âttâr ma l’esistenza di un non casuale parallelismo a livello spirituale.

·        È consuetudine musulmana ripetere i 99 Nomi di Dio facendo scorrere tra le dita un rosario composto di novantanove grani (o di trentatré fatti scorrere tre volte). Questo rosario si chiama subha in arabo e tashbî (o anche komboloy) in turco. È ben noto che esso deriva attendibilmente da quello buddista, di centootto grani, in uso nell’Asia centrale e orientale fin dal IV° secolo, così come è noto che dalle organizzazioni monacali buddhiste derivano quelle Sufi. A sua volta il rosario musulmano introdotto nell’Îslâm dai Sufi, fu adottato da san Francesco dando origine al rosario cattolico diffuso dai francescani appunto e in seguito definito nella forma attuale da san Domenico.

·        Nel capitolo XI° dei Fioretti si legge come S. Francesco, per scegliere dove andare ad un crocevia, fece roteare frate Masseo… Forse qualcuno di voi avrà però sentito parlare anche dei Sufi Mevlevi, i cosiddetti “Dervisci roteanti”, la Confraternita fondata a Konya da Jalâl âlDîn Rûmî. Forse non è casuale la somiglianza fra il roteare di frate Masseo e il roteare dei Sufi Mevlevi nella loro cerimonia specifica, il Semà.

·        E veniamo ora al Cantico delle Creature, o di Frate Sole. Âbu âlFath âlWâsiti, egiziano (?-1184), i cui discepoli erano alla corte del Sultano quando vi fu san Francesco, scrisse un testo: La lode a Dio secondo le parole del Corano. Sono tutte citazioni tratte dal Corano, e quindi già presenti in Europa, dove il Corano fu tradotto per la prima volta, in latino, nel 1143. Le similitudini sono notevolissime.

·        Maulānā Rūmī scrisse numerose poesie dedicate al Sole, il sole di Tabriz.  Chiamò addirittura una delle sue raccolte di poesie la Collezione del Sole di Tabriz. Nella sua opera viene continuamente usata la parola Sole.

·        Nel 1216 Rûmî parlò a Damasco con il grande mistico e teologo musulmano Îbn âl`Arabî; e con Îbn âl`Arabî san Francesco si intrattenne a Damietta nel 1219, quando si recò alla corte del sultano, ove incontrò vari Sufi, conversando a lungo con loro. Ma non fu questo un primo incontro: già nella primavera del 1214 san Francesco aveva conosciuto dei Sufi nella Spagna musulmana e in Marocco.

·        Il saio è il mantello di lana con cappuccio precipuo dei Sufi. Lana in arabo si dice “suf”, da cui “Sufismo”. Il saio francescano è quello stesso dei Sufi in Terra Santa, in Marocco e nella Spagna; ed è quello che san Francesco vide alla corte del sultano. In Kalâbâdhî, grande maestro Sufi del X° secolo (913 c.-995), leggiamo:« Povertà e pazienza sono il saio sotto il quale alberga un cuore che vede solo in Dio i giorni di festa e di serenità»

·        Come i Sufi, i seguaci di San Francesco, attraverso le sue regole, poterono notare che, diversamente dai cristiani, non si doveva pensare prima alla propria salvezza. Tale principio viene continuamente messo in rilievo dai Sufi, che considerano una vanità l’interesse per la salvezza personale.

·        S.Francesco iniziava così le sue predicazioni: ‘La pace di Dio sia con voi’. Questa è una classica forma di saluto araba.

·        Papa Innocenzo diede il permesso per la fondazione dei ‘Frati Minori ‘ o francescani. Umiltà a parte, è intuitivo pensare che allora esistesse un Ordine noto come ‘Frati Maggiori’, e se così fosse quale sarebbe il collegamento? Le uniche persone conosciute con questo nome e contemporanee di Francesco aventi il nome appunto di ‘Frati Maggiori’ facevano parte di un Ordine di Sufi fondato da Najmuddin Kubra, detto ‘il Più Grande’. Una delle maggiori caratteristiche di questo grande Maestro Sufi era la sua misteriosa influenza sugli animali. Le immagini lo mostrano circondato da uccelli. Domò un cane feroce semplicemente guardandolo negli occhi, come fece Francesco con il lupo di Gubbio. I miracoli di Najmuddin erano ben noti in Oriente sessant’anni prima della nascita di Francesco.

·        San Francesco istituì per la sua Confraternita dei “Frati Minori” tre ordini di frati. Così è anche nelle Confraternite Sufi con la sola differenza che i Sufi e le Sufi si sposano e vivono nel mondo.

·        I Sufi sono religiosi musulmani ma, come nel cristianesimo ci sono preti e frati, così nell’Îslâm i Sufi sono frati e non preti. Francesco rifiutò d’essere ordinato prete, e si accostò maggiormente all’ordinamento laico democratico più che a quello ecclesiastico. Così è anche per i Sufi, il cui motto fondamentale dice: «NEL mondo, ma non DEL mondo, nulla possedendo e da nulla essendo posseduti.»

Secondo la filosofia Sufi vi è una necessità comune per tutte le Vie mistiche, a qualsiasi religione appartengano: la necessità di un Maestro. Un esperto che abbia già percorso il cammino e che sappia quindi guidare convenientemente e preservare dagli errori. Un Maestro del tutto disinteressato, amorevole, paternamente sollecito, esperto della psiche umana e delle sue devianze. Non ci è pervenuta notizia storica di un Maestro per S.Francesco, ma appare chiaro che S. Francesco d’Assisi fu iniziato da un Sufi. Solo questo gli permise di arrivare indenne dal Sultano, non certo il fatto di “annunciare il Cristo” come dicono certi sprovveduti osservanti.

Infatti, il Santo così spiritualmente vicino al mondo musulmano, tornato in patria scrisse nelle prima stesura della Regola del suo Ordine, il capitolo 16. In tale capitolo Francesco istruiva i suoi confratelli su come comportarsi per poter instaurare il dialogo con i musulmani. Le direttive date dal santo e le sue valutazioni sull'Islam risultavano di una modernità estrema e sconvolgenti alla luce delle idee comuni del tempo; risultarono talmente incomprensibili che la cosiddetta Regola non bollata, la prima stesura della Regola francescana scritta dal Santo,  venne rifiutata dal Papa che impose una pesante censura e costrinse Francesco ad eliminare il capitolo 16.

Può sembrare dunque che il tentativo di dialogo instaurato dal santo di Assisi si sia risolto in un fallimento, ma non è così. Il dialogo ci fu. Tanti uomini del tempo, rimasti sconosciuti ai più, e vicini ai loro Maestri, furono beneficiati e capirono.

Se anche nei periodi più cupi di eclisse dello spirito, com’era nel tempo in cui si svolgeva la Quinta Crociata, e come per molti versi è anche oggi, vi sono sempre uomini in ricerca e dotati di una natura spirituale e Guide Illuminate che li conducono, ciò accade perché l’umanità ne ha bisogno. Una società totalmente priva di Maestri spirituali cesserebbe semplicemente di esistere. La Ricerca Spirituale è l’unica che conferisca significato al mondo materiale nel quale l’uomo si trova prigioniero. Solo la goccia di Dio dentro ogni uomo rende l’esistenza sopportabile, ed è in grado di  condurlo dal finito e all’infinito, dalla morte all’immortalità. Di qui la perennità della ricerca mistica e lo sforzo che gli uomini di tutti i tempi hanno fatto per poter vedere oltre il finito, verso quella Realtà Spirituale che determina e abbraccia tutte le cose. Questa è la Via, questa è la Via di San Francesco, di Maulānā Rūmī, dei Maestri venuti di tempo in tempo. Essi sono le Guide per tutti gli uomini di buona volontà che cercano la pace del cuore e il bene dell’umanità. Che fortuna potersi trovare al loro cospetto!

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Fonte:

Maurizio Sabbadini - Francesco d’Assisi, l’Islam e Maulana Rumi presso Mausab- Vivere in spirito con attenzione


 

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