Il nuovo Islam italiano al Viminale
Il "Patto nazionale per un Islam italiano"
Le nuove basi per un'intesa fra Stato italiano e Islām?
Il min. dell'Interno Minniti incontra al Viminale il Consiglio per le relazioni con l’Islam italiano

Siglato in nuovo "Patto nazionale per un Islam italiano" fra il Ministero degli Interni e le maggiori istituzioni rappresentative del panorama islamico italiano. Il  “Consiglio per le relazioni con l’Islām italiano” è un organismo con funzioni consultive sulle questioni relative alla presenza in Italia di comunità musulmane, costituito nel 2015 dall'allora ministro Alfano, è presieduto oggi dal ministro degli Interni Minniti.

22 gennaio 2016 - autore: 'Alī M. Scalabrin
Ultimo aggiornamento: 27 febbraio 2017


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AGGIORNAMENTO (01 febbraio 2017): Firmato il "Patto nazionale per un Islam italiano", quale base per costruire solide relazioni tra le comunità musulmane e lo stato italiano. Il documento è stato firmato al Viminale con i rappresentanti delle maggiori associazioni e comunità islamiche presenti in Italia. Non è propriamente un'intesa, come, in realtà prevede l'art. 8 comma 2 e 3 della Costituzione italiana, ma si tratta di un inizio certamente ed un passo in più nella direzione del reciproco riconoscimento..

 

L'art. 8, comma 3 della Costitutzione italiana prevede che per le confessioni acattoliche: "i rapporti tra Stato Italiano e Confessioni acattoliche sono regolate per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze", al fine di sancire un regime di garanzie e libertà religiosa privilegiato rispetto le confessioni che non stipulano un'intesa.

A tutt'oggi sono 12 le intese approvate con legge, ai sensi dell'art.8 della Costituzione, con le confessioni religiose presenti nel territorio italiano, iniziate nel 1984 con la legge sull'accordo Tavola Valdese, fino all'ultima intesa nel 2015 con l'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai (IBISG). Con circa 2 milioni di presenze musulmane nella penisola, (con i primi arrivi già dagli anni '70), l'Islām resta comunque la seconda religione d'Italia, ma finora non ha mai ricevuto l'intesa come previsto dalla Carta costituzionale.

Dopo tutta una serie di fallimenti del dialogo fra le istituzioni italiane e le associazioni islamiche presenti nel territorio, che miravano direttamente ad ottenere la dovuta intesa fra lo Stato e la confessione religiosa dell'Islām, ed è il caso della bocciatura delle varie bozze d'intesa, mai approvate (1992 presentata dall'UCOII), (1994 presentata dall'AMI) e (1996 presentata dalla COREIS), dal 2005, con il ministro degli interni G. Pisanu, sotto il governo Berlusconi (2002-2006), la macchina governativa ha deciso di intrapprendere una diversa strada preliminare e non puntare subito all'Intesa, ma formare un organismo rappresentativo atto a dialogare con il governo per poi arrivare ad una vera e propria intesa.

Nel 2005, viene così fondata la Consulta per l'islam italiano (confermata nel 2006 dal ministro G. Amato, ma poi sospesa da R. Maroni), quale organo di carattere consultivo del Ministero dell'Interno formato da alcuni personaggi ritenuti autorevoli rappresentanti del mondo musulmano in Italia.

Nel maggio del 2007, intanto, viene redatta, per volontà del ministro Amato, la Carta dei valori della cittadinanza e dell'integrazione, per "riassumere e rendere espliciti i principi fondamentali del nostro ordinamento che regolano la vita collettiva, sia dei cittadini che degli immigrati, cercando di focalizzare i principali problemi legati al tema dell’integrazione".

Nel febbraio 2010, viene costituito presso il ministero dell’Interno, con l'allora ministro R. Maroni, un Comitato per l'Islam italiano, quale "organismo consultivo di carattere collegiale con funzioni consultive sui temi dell'immigrazione, con lo scopo di migliorare l’inserimento sociale e l’integrazione delle comunità musulmane nella società italiana".

Bisogna andare fino a gennaio 2016, per avere un nuovo Consiglio per le relazioni con l’Islam, con l'allora ministro A. Alfano, che porta alla stipula del "Patto nazionale per un Islam italiano" nel febbraio 2017. Ma di intese ancora nulla....

 

Il Patto, richiamando e ribadendo i valori fondanti e inalienabili della nostra Costituzione in termini di libertà di culto, si prefigge di "creare un islam italiano legittimo, civilizzato", prevedendo un'adeguata formazione degli imām, (che sarà compito del ministero dell’Interno accompagnare questa formazione e i nomi degli imām dovranno essere pubblici, per scongiurare il pericolo di imam “fai da te”), anche grazie al contributo delle università statali, l’uso dell’italiano nei sermoni, le occasioni di incontro con le comunità territoriali, le istituzioni e le altre religioni rappresentate laddove i musulmani vivono. Dovrà, inoltre, essere garantito l’accesso a non-musulmani ai luoghi di preghiera.

Principio cardine di questo nuovo documento è quello di «ripudiare qualsiasi forma di violenza e terrorismo» come pre-requisito base su cui fondare una «forte integrazione» per una società «più sicura» .

Presente alla firma del documento, quali membri del Consiglio per le relazioni con l’islam italiano, il professor Stefano Allievi, docente di sociologia presso l'Università di Padova e direttore del master sull'Islam in Europa, il quale ritiene che questo Patto rappresenti "un passo in più nella direzione del reciproco riconoscimento". Una sorta di garanzia bilaterale, "per li bene [..] della sicurezza degli italiani come dell’integrazione dei musulmani", che porti ad un accordo nazionale con un "Islam italianizzato".

Presente all'incontro anche  la prof.ssa Ida Zilio Grandi, professore associato di Lingua e letteratura araba a Ca’ Foscari Venezia, presso il Dipartimento di Studi sull'Asia e l'Africa Mediterranea e curatrice dell'edizione del Corano in italiano edito da Mondadori.

“Questa firma rappresenta una garanzia di maggiore sicurezza per tutti", spiega la docente di Ca' Foscari, "L’Italia ha già intese con le altre confessioni ma non ancora con l’Islam che è la seconda religione del nostro paese. Il Ministro ha parlato di Islam italiano - e non di Islam D'Italia o IN Italia, - a riprova del fatto che in Italia l’integrazione con la popolazione musulmana è più diffusa e radicata rispetto agli altri paesi europei e occidentali in genere. Va anche notato che il convertitismo, fenomeno sempre più diffuso da noi, funziona da ‘cuscinetto’ contro infiltrazioni che – come sappiamo – possono risultare molto pericolose”.

In merito al caso, balzato sulle prime pagine della stampa internazionale in occasione dell’ultima Biennale d’Arte, dell'allestimento della chiesa di Santa Maria della Misericordia a Venezia come "moschea". quale padiglione d'arte moderna, da parte dell'artista svizzero Büchel, la professoressa Zilio Grandi afferma: “trovo giusto che, come per i fedeli di altri culti, ci sia un luogo di preghiera decoroso anche per i musulmani nel territorio veneziano  Un luogo che abbia caratteristiche estetiche all’altezza di una città d’arte come Venezia”.

Dissenso e polemiche si sollevano dalla comunità islamica d'Italia


Certo è che, all'interno della comunità musulmana in Italia, non sono mancate le polemiche relative alla stipula di questo "patto nazionale". Molti musulmani si chiedono perché firmare un patto o un accordo con una cornice imposta e dei vincoli limitanti o, secondo alcuni, addirittura ricattanti. Discriminare il musulmano e obbligarlo a firmare un patto per avere i diritti già sanciti dalla Costituzione, secondo molti, sarebbe una grave anomalia, di per sé.

"Lo Stato laico non può non riconoscere una fede o una religione e riconoscerne invece altre", si legge nei post su facebook. Prima lo Stato dovrebbe sanare questo principio non applicato, poi preoccuparsi delle conseguenze del concordato.

Inoltre, ciò che forse ha turbato maggiormente i musulmani, è il fatto che al tavolo per quel concordato non vi sia nessuno democraticamente eletto a rappresentarli, in termini qualitativi e quantitativi. Ognuno dovrebbe dire chi rappresenta e quanti rappresenta.

A questo proposito, è doveroso citare l'opinione di Hamza Roberto Piccardo, ex-segretario nazionale e portavoce dell'UCOII, ora promotore della cosiddetta "Costituente Islamica", (non inserita all'interno delle associazioni di riferimento del Consiglio per le relazioni con l’Islam e descritta da alcuni giornalisti come un "Partito Islamico Italiano"), che ribadisce il concetto secondo cui "l'Islām in Italia non sia tanto una questione di sicurezza o di immigrazione, ma bensì di diritti inalienabili dei cittadini e residenti musulmani".

Piccardo ribadisce il concetto che solo grazie ad un intesa con lo Stato, come previsto dalle Costituzione, si può cominciare a parlare di libertà religiosa edi professione libera e autonoma del culto islamico "e non certo protocolli ministeriali che hanno una valenza per lo più securitaria e non affrontano in maniera organica e globale la questione dei diritti della libertà religiosa che la Costituzione stabilisce al suo art. 19".

Le sue accuse si muovono anche nei confronti delle stesse organizzazioni e associazioni firmatarie del Patto che egli ritiene troppo spesso "pesantamente infeodate a governi stanieri, o in acuta crisi di rappresentanza o ancora di nulla rappresentanza, vere e proprie mosche cocchiere in un contesto che richiederebbe la più grande trasparenza dei metodi e dei fini e il più grande consenso".

In una posizione ancor più radicale si pone Ahmad Ali Al-Adani, (Imām e studioso di scienze islamiche sotto la guida dello Shaykh An-Nayfar in Tunisia e Egitto, nonché promotore dell'Università Islamica d’Italia di Lecce e antagonista del più moderato Imām Saiffedine Maaroufi sempre di Lecce), critica duramente questo patto, sostenuto da un altro leccese Raffaello Abdallah Yazan Villani, italiano convertito. Al-Adani ritiene che questo Patto sia il frutto dell'ingerenza dello Stato negli affari religiosi intereferendo, a suo dire, con "l'autodeterminazione del musulmani" e accusa i musulmani aderenti di aver “modellato l’islam sull’eresia cristiana”.

"Il rispetto doveroso per le leggi italiane non implica l’adesione, ancor di più incondizionata, ai valori portanti della moderna società occidentale laica", ribadisce Al-Adani. Inoltre egli ritiene non si possa transigere su “donne imamesse", imposizioni linguistiche, effettivo commissariamento e tutto il resto" e invita i credenti a non partecipare a "programmi di formazione" promossi dallo Stato e dalle Università italiane.

Anche l'Imām Pallavicini, presente all'incontro in qualità di rappresentante della COREIS e firmatario dello stesso Patto, solleva, anche lui, qualche polemica, in un tono decisamente più moderato e saggio: «Innanzitutto c’è un piccolo vizio di metodo», «I partecipanti a questo incontro dovrebbero essere i membri della consulta per l’islam italiano, incaricato di consigliare il Viminale. Ma quando si tratta di redigere e firmare un documento ufficiale, non si capisce perché l’Ucoii debba essere sovrarappresentata rispetto alle altre associazioni: tutti hanno un membro, loro in tutto quattro».

Pallavicini continua affermando che il ministro Minitti "ha fretta di firmare, senza pensare alle conseguenze o a come poter organizzare meglio la cosa". "Io trovo che ci sia molta ingenuità e scarsa consapevolezza del panorama culturale e storico di riferimento. Questo è quello che posso dire".


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"Patto nazionale per un Islam italiano"
siglato il 01 febbraio 2017

 

AGGIORNAMENTO (18 gennaio 2017): Lunedì 16 gennaio il ministro Marco Minniti ha riunito le rappresentanze dell'Islam Italiano accreditate presso il ministero dell'Interno. Presenti la COREIS (Comunità Religiosa Islamica Italiana), l'UCOII (Unione delle Comunità Islamiche Italiane), la CII (Confederazione Islamica Italiana) e il CICI (Centro Islamico Culturale d'Italia) oltre al presidente dell'Associazione Ahmadou Bamba dei muridi senegalesi, una delegata dell'Associazione sciita "Imam al-Mahdi" e una rappresentante dei musulmani somali.

 

AGGIORNAMENTO (13 gennaio 2017): A distanza di un anno prima riunione del Consiglio per le relazioni con l’Islam Italiano allora presieduta dal ministro Alfano, il neo ministro dell’Interno Marco Minniti incontra al Viminale il Consiglio per le relazioni con l’Islam italiano coordinato da Paolo Naso. Il Viminale conferma la strategia del dialogo.

 

Il 12 gennaio 2017 il ministro dell’Interno Marco Minniti ha convocato il Consiglio per l’islam italiano e la Consulta per l’islam, organismo fondato l'anno scorso con funzioni consultive sulle questioni relative alla presenza in Italia di comunità musulmane e coordinato dal prof. Paolo Naso, docente di scienza politica alla Sapienza di Roma e presidente commissione “Studi-Dialogo-Integrazione” presso la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).

All'ordine del giorno, una rapida ricognizione sull’attività svolta e sullo stato di attuazione di alcune iniziative già in programma, come ad esempio:

  • la formazione e il ruolo pubblico degli a'immah (imām)
  • i luoghi di culto
  • la condizione dei giovani e delle donne musulmani.

L’obiettivo di questi tavoli è, si legge da fonti del Ministero, la formazione di un islam italiano “quale espressione di una comunità aperta ed integrata, salvaguardata nelle differenze compatibili con il nostro ordinamento, rispettosa dell’identità nazionale e dei valori della società di accoglienza”.

Alla riunione hanno partecipato i docenti ed esperti della cultura e religione islamica, in ragione delle specifiche competenze nella prospettiva della formazione di un Islam italiano, quale espressione di una comunità aperta ed integrata, salvaguardata nelle differenze compatibili con il nostro ordinamento, rispettosa dell’identità nazionale e dei valori della società di accoglienza.


Insediato al Ministero degli Interni un nuovo Consiglio per le relazioni con l’Islam

22 gennaio 2016 - autore: 'Ali M. Scalabrin

Prevalentemente composto da volti del mondo accademico italiano, il neo-costituito “Consiglio per le relazioni con l’islam italiano”, rappresenta un organismo con funzioni consultive sulle questioni relative alla presenza in Italia di comunità musulmane ed è presieduto dal ministero degli Interni Angelino Alfano.

Il Consiglio sarà coordinato dal valdese Paolo Naso, docente di Scienza politica e Giornalismo politico alla Sapienza, coordinatore del Master in religioni e mediazione culturale e coordinatore della Commissione Studi della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).

Il nuovo Consiglio, presieduto dal ministro Angelino Alfano, si è insediato ieri 19 gennaio al Viminale.

“Scopo dell’iniziativa è elaborare delle proposte sulla delicata materia dei rapporti tra lo Stato e la comunità islamica - ha spiegato Paolo Naso -. Una questione spinosa che da oltre dieci anni sopravvive in un limbo di incertezza. Il momento è difficile ma dobbiamo riconoscere che i musulmani in Italia incontrano serie difficoltà nell'esercizio del culto, oltretutto subendo i contraccolpi disastrosi del terrorismo di matrice islamica e rimanendo vittime di campagne di denigrazione e discriminazione che uno stato democratico non può tollerare. Il gruppo di consulenti nominato dal ministro dovrà quindi lavorare sul piano della conoscenza, dell'analisi e della proposta per superare queste criticità".

Da una nota del ministero si evince che “l’iniziativa avrà, inoltre, un ruolo forte nell’ambito del processo di conoscenza dell’islam in Italia e nell’individuazione delle principali problematiche, per la formazione di un islam italiano, rispettoso delle leggi e rispettato nella sua peculiarità”.


Alla prima riunione, martedì 19 gennaio 2016, - svoltasi in un clima di particolare cordialità - hanno partecipato anche il sottosegretario Domenico Manzione e vari dirigenti del ministero.

Il Consiglio è composto da docenti ed esperti della cultura e religione islamica, individuati in ragione delle specifiche competenze, tra cui figurano i sociologi Enzo Pace, ordinario di Sociologia Generale e Sociologia della Religione e Teorie della Complessità presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova eiInsegna, inoltre, Islam and Human Rights nell’ European Master on Human Rights and Democratization, Stefano Allievi, docente di Sociologia presso il Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione a Padova, già Segretario della sezione Sociologia della Religione dell’Associazione Italiana di Sociologia (AIS), nonché presidente del corso di laurea magistrale in Sociologia, oltre ad essere, dal 2015, direttore del Master sull’Islam in Europa dell’Università di Padova e Annalisa Frisina, ricercatrice in Sociologia presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova e già docente di sociologia delle religioni e di Sociologia dei Diritti Umani.

Il Consiglio può vantare la presenza anche degli islamologi Ida Zilio Grandi, professore associato di Lingua e letteratura araba a Ca’ Foscari Venezia, presso il Dipartimento di Studi sull'Asia e l'Africa Mediterranea, già in ruolo come ricercatrice presso l'università di Genova (2004-2008), nonché autrice di numerose pubblicazioni, fra cui la magistrale traduzione italiana del Corano, in collaborazione con A. Ventura, Massimo Campanini, docente di Storia dei Paesi Islamici presso l’Università di Trento, già docente di Civiltà islamica nella Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele oltre ad aver insegnato per quasi sei anni Storia contemporanea dei Paesi arabi nella Facoltà di Studi Arabo-Islamici e del Mediterraneo dell'Università degli studi di Napoli "L'Orientale" e Francesco Zannini, docente di Islam Contemporaneo e Giurisprudenza Islamica presso il Pontificio Istituto per gli Studi Arabo-Islamici (PISAI) di Roma, già membro del Comitato Scientifico del Ministero dell’Interno incaricato di redigere la “Carta dei valori per l’integrazione e la cittadinanza”, già docente di Studi Islamici presso il National Major Seminary di Dhaka, Bangladesh, è stato Post-Doctoral Fellow all’Università Americana del Cairo e alla Yale University e direttore della rivista Encounter – Documents for Muslim-Christian Understanding.

“Il Consiglio - ha affermato il ministro Alfano in una nota - avrà il compito di fornire pareri e formulare proposte in ordine alle questioni riguardanti l’integrazione della popolazione di cultura e religione islamica in Italia. Il rispetto e la collaborazione tra le identità culturali e religiose presenti in Italia devono, infatti, costituire la premessa per un dialogo che arricchisca la democrazia, promuovendo le ragioni della pace, della coesione sociale e dell’unità, e che favorisca una comunità di intenti con tutti coloro che, pur provenendo da Paesi, culture, religioni e tradizioni diverse, intendono contribuire allo sviluppo pacifico e alla prosperità del nostro Paese, nel pieno rispetto delle nostre leggi e della nostra tradizione cristiana e umanistica”.

Per Alfano la fase di dialogo non potrà prescindere dal coinvolgimento dei prefetti sul territorio nell’ottica "di incentivare la coesione e la condivisione di valori e diritti”.

Nel dialogo Alfano vuole coinvolgere anche i territori, attraverso i prefetti. “Soprattutto quelli che operano nelle province più interessate al fenomeno dell’immigrazione – dice - avvalendosi delle forme già sperimentate di ascolto, promozione, cooperazione e coordinamento e degli organismi quali i Consigli Territoriali per l’Immigrazione e le Conferenze permanenti, dovranno concorrere a sviluppare ogni iniziativa con quanti si riconoscano nella fede islamica, volta a migliorare l’inserimento sociale tenendo conto dei principi della Costituzione e delle leggi della Repubblica, anche nell’ottica di incentivare la coesione e la condivisione di valori e diritti”.

Il Viminale dice di voler puntare “alla formazione di un Islam italiano, rispettoso delle leggi e rispettato nella sua peculiarità in quanto compatibile con l’ordinamento italiano”.

Nonostante la costituzione di questo Consiglio rappresenti uno strumento di carattere esclusivamente consultivo e formalmente, almeno per adesso, non si faccia carico di rappresentare alcuna entità confessionale islamica al fine di raggiungere un'eventuale intesa, tanto attesa e più volte ricercata nella comunità islamica italiana, fra lo Stato italiano e la componente confessionale islamica della popolazione italiana, come previsto dall'art. 8 comma 3 della Costituzione italiana, al fine di sancire un regime di garanzie e libertà religiosa privilegiato rispetto le confessioni che non stipulano un'intesa, è quanto meno auspicabile che tale organismo funga, un giorno, da mediatore consultivo fra le varie associazioni di rappresentanza islamica del paese .

Fonti:


 

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