L'acqua e il fuoco, il paradiso e l'inferno - La pratica religiosa e la pace nelle religioni - La ricompensa e la punizione divina - Il libero arbitrio e la predestinazione

02 agosto 2012 - autore: 'Alī M. Scalabrin
Ultimo aggiornamento: 28 agosto 2012

Basmala
Nel nome di Dio Il più Clemente, il pił Clemente, il più Misericordioso

Salam
La pace, la Misericordia, e le benedezioni di Dio siano su di voi

"Non vi è Religione Superiore della Verità
e la Verità è Dio e Dio è Verità"

(motto della società teosofica e proverbio sufi)

La pratica religiosa

"Nessuna religione nel mondo può esser compresa ad un solo livello o
dal comportamento di una parte della comunità che la segue. Le religioni
vengono comprese e praticate in modi differenti da persone diverse, in
funzione delle circostanze materiali e spirituali, nonché dei retroscena
intellettuali. Ognuna di esse trova anche espressione diversa in culture
diverse...

...Nessuna religione è mai stata interpretata o praticata in modo
omogeneo; essa trova infatti molteplici espressioni. Una religione che si
espande al di fuori dei confini delle sue origini si trasforma in nuove
forme creative ed interpretative, si plasma in nuove modalità culturali o
civili...

Le varie vie dell'Islam

...L'Islam ha creato numerose varianti sotto il suo cappello,
estremamente ricche e variegate. Nessuna singola variante può essere
omologata all'unica accettabile propensione dell'Islam, tanto meno al suo
complesso universo. L'Islam è infatti praticato da persone di tanti
paesi, di convinzioni spirituali ed intellettuali diverse e di mentalità
filosofiche differenti".
(Asghar Ali Engineer - Un metodo sufi per la pace nel mondo)


“(…)A ognuno di voi abbiamo assegnato un rito e una via, ma se Dio avesse voluto avrebbe fatto di voi un’unica comunità e se non lo fatto è per mettervi alla prova in quel che vi ha donato…”
 (Corano medinese Al-Mā'ida 5,48 trad. I. Zilio-Grandi)

"(...)la vera dottrina di base del sufismo islamico è la pace, e
questa è possibile solo se si evita il conflitto...

L'uso della ragione nell'Islam

...La ragione è
importante, ma è un'arma a doppio taglio. Può esser usata per il male o
per il bene dell'umanità. Anche la scienza può essere utilizzata per la
distruzione o per il beneficio di tutti. Qual è la differenza tra ragione
e saggezza? La ragione è l'uso dell'intelletto per comprendere, è solo un
mezzo datoci da Dio, ma il modo in cui usiamo tale strumento per
apportare beneficio agli altri dipenderà dai valori ai quali aderiamo,
che sottoscriviamo. La ragione unita ai valori diviene saggezza, in tal
senso il Corano pone l'enfasi molto più sulla saggezza piuttosto che
sulla ragione.
..

Le cause dei conflitti

(...)Sappiamo che la causa del conflitto religioso non è la religione in
sé, ma il suo utilizzo per interessi mascherati, atti a sfruttare le
differenze tra queste e a far combattere gli esseri umani l'uno contro
l'altro...

...Allo stesso modo, per poter stabilire la pace, abbiamo bisogno di
compassione, che è particolarmente fondamentale per il Corano. Qualsiasi
cosa i Musulmani facciano, cominciano con l'invocazione: "Inizio nel nome
di Allah, che è misericordioso e compassionevole". Perciò la misericordia
e la compassione sono altrettanto fondamentali nell'Islam come nel
Buddhismo."

(Asghar Ali Engineer - Un metodo sufi per la pace nel mondo)

Parabola sufi

Rābiʿa al-ʿAdawiyya al-Qaysiyya al-Basri
(Santa Rabia di Bassora - santa sufi 713-801 d.C.)
"...Si dice che un giorno stesse camminando con un secchio d’acqua in una mano ed una torcia accesa nell’altra. Quando le fu chiesto perché stesse facendo ciò, ella rispose:

“Voglio spegnere il fuoco dell’inferno con questa acqua ed incendiare il paradiso con questa fiamma, così nessuno adorerà Allāh per paura del fuoco dell’inferno o per brama del paradiso.

Questa non è la vera adorazione di Allāh.

L’amore e solo l’amore dovrebbero esser le vere ragioni...”
(riportato da Asghar Ali Engineer).

 

"La stessa salvezza è solo un momento negativo: unica realtà essenziale resta l'unione con Dio.Che cosa importerebbe essere salvati dalla morte, dall'inferno, se non al fine di perdersi in Dio?"
(Vladimir Lossky, "Conoscere Dio",p.121)

Ricompensa e punizione divina

Il sistema della ricompensa e del castigo divino è indubbio che sia presente nell'Islam tanto quanto lo è per le altre religioni monoteistiche abramitiche; è il Corano stesso nelle battaglie (Corano 3,136; 3,152; 4,94; 4,100; 5,33; 59,8), nell'Aldilà (Corano 4,48-49; 4,124; 6,33; 11,107; 17,7; 18,31-32; 21,84; 22,58; 27,89-90) istituendo un rapporto causa-effetto che origina nei nostri pensieri e azioni e determina dei meriti e delle difetti che verranno sentenziati nel Giorno del Giudizio. Tutto ciò è chiaramente parte integrante dell'escatologia coranica.


«...Quel giorno ogni anima sara` ricompensata per quel che si sara` meritata; nessun torto in quel
giorno!»

(Corano Al-Ghâfir 40,17)


e «nessun'anima sara` caricata del peso d'un'altra» (Corano Al Isrâ' 17,15)


«Dio non fara` torto nemmeno per il peso d'un atomo, e se c'e` un'opera buona egli
la raddoppierà e ne darà, nella Sua grazia, ricompensa immensa»

(Corano An-Nisâ' 4,40)


"Coloro che avranno creduto e che saranno stati seguiti nella fede dalla loro progenie, Noi li riuniremo ai loro figli. Non diminuiremo in nulla il merito delle loro azioni, poiché ognuno è pegno di quello che si sarà guadagnato"
(Corano At-Tûr 52,21)


"(...)...affinché ognuno sia ripagato per quel che ha compiuto..."
(Corano meccano Tâ-Hâ  20,15 trad. Ida Zilio-Grandi)


"e che invero, l'uomo non ottiene che il [frutto dei] suoi sforzi (illā mā sa'a-)"
(Corano meccano An-Najm  53,39 trad. Ida Zilio-Grandi)

E' indubbio, quindi, che il Corano ci porti a ritenere che l'umanità debba svolgere un lavoro spirituale verso una direzione quella del bene, della ricerca di taqwa e questi sforzi atti al raggiungimento di uno stato spirituale più elevato di vicinanza a Dio sono ripagati appunto nella stessa misura in cui, in questa vita terrena, ci si è impegnati in questo lavoro spirituale (Corano 2,286; 20,15; 28,84; 53,31, 39; 42,30; 6,132; 46,19; 17,19; 5,35).

Esegeticamente parlando, esiste un principio di azione, reazione che in qualche modo vincola la predestinazione verso una maturità o un degrado spirituale.

Libero arbitrio e la predestinazione

Mi limiterò solamente a dare qualche cenno in merito in quanto il tema è davvero complesso e vasto.

La Sunna, nelle sue varie interpretazioni, ci racconta negli ahadith di come si possano accumulare le hassanāt (le ricompense), in termini numerici proprio a seconda delle preghiere e dei giorni di digiuno svolti si acumulerebbero dei benefici quantificabili numericamente (hisāb) messi per iscritto e da pesare sulla bilancia divina nel Giorno del Giudizio (Corano 7,8-9; 21,47; 23,102-3; 101,6-9). L'uomo, senza dubbio, ha la responsabilita` di purificare la propria anima (Corano 91,7-10).

Il sistema è chiaramente fondato sul fatto di responsabilizzare (taklīf) l'individuo sulle conseguenze delle proprie azioni ("kasaba", ''acquisire compiendo qualcosa") e di valorizzare e distinguere il bene (hasana) dal male (sayyi'a), affidandosi alla "parola di Dio". Ciò rappresenta un metodo, un sistema, una via (che in questo caso è la shar'īa) che fissa dei principi base e sui quali è vigile l'Onnipotente con la Sua assoluta sovranita`nel giorno del Giudizio (Corano Al-Fâtiha 1,4).

Ad ogni modo, dal punto di vista esegetico, la responsabilità dell'uomo nelle azioni, rimane ambigua nel Corano, e di conseguenza esistono forti differenze tra le varie interpretazioni dottrinali a questo proposito: se da una parte il libro lascia l'uomo libero di scegliere (Corano 13,11; 18,29; 76,3; 91,7–10), certamente sforzandosi (Corano An-Najm 53,39), ma "senza costrizioni" (Corano al-Baqarah, 2,256; Yûnus 10,99) e senza "imporre alcuna difficoltà" (Corano 5,6) riuscendo a comprendere la capacità discriminante su quale sia la Retta Via (as-sirāta l-mustaqīm), dall'altra parte è pur sempre Dio che guida l'uomo, nella buona o nella cattiva direzione (Corano 2,142 e 213; 6,39; 10,25; 24,46; 76,3; 90,10), ritornando alla concezione di predestinazione.

Negli anni dello sviluppo islamico dal VIII al XIV sec. d.C., si susseguirono nei territori, accesi scontri di fazioni favorevoli alla qadariyya, (dalla radice qaddara; «qdr», decretare, determinare, misurare) come i mu'taziliti e gli sciiti difendendo la capacità di azione (qudra) come dono di Dio contro i tradizionalisti (principalmente gli ash'ariti), che si rifacevano comunque alla nozione di tempo-destino (dahr) di origine pre-islamica (Corano 3,128; 8,17; 45,24 e 76,1 e Sunna Sahih al-Bukhārī 253/870). L'interpretazione portata avanti da quest'ultimi è quella deterministica secondo cui il destino umano dipende integralmente da un decreto eterno. Dal concepimento, alla nascita, (Corano 77,20-23; 80,18-22) al corso della vita che dipende da una "sussistenza" (rizq) accordata ed elargita da Dio, alla morte predeterminata (Corano 6,2), tutto sarebbe frutto di una sequenza di atti creativi divini continui che poggiano su un destino già scritto.



«In verità questo è un Monito. Chi vuole, intraprenda dunque la via che conduce al suo Signore. Ma voi lo vorrete solo se Allah lo vuole. Allah è sapiente e saggio»
(Corano Al-Insân 76,29-30 trad. H. Piccardo)

Rabi’ah fu la prima donna nell'Islam a introdurre l'idea che Dio debba essere amato per se stesso, non per paura o timore, come i sufi stessi precedentemente avevano fatto. Ha insegnato che i peccatori devono temere la punizione che si meritavano per i loro peccati, ma ha anche offerto tali peccatori una speranza di redenzione. Per sé stessa, ha tenuto a un ideale superiore, adorando Dio non per paura di inferno , né nella speranza del Paradiso, perché vedeva questo sulla base di interesse nell'esercizio della fede, (tipico del periodo preislamico dove i pagani continuamente chiedevano doni o ricompense ai propri idoli); emozioni come la paura e la speranza erano come veli, cioè ostacoli al visione di Dio stesso.

La sua preoccupazione perenne era di conformarsi alla volontà di Dio in tutto ciò che capita, attraverso un totale annientamento di sé stessa.

«Il paradiso stesso non è nulla rispetto a Colui che lo abita… Il vicino prima della casa»
«Sono del mio Signore e vivo all’ombra dei suoi comandi. La mia persona non ha alcun valore»

(Rābiʿa al-ʿAdawiyya al-Qaysiyya al-Basri)

La revisione moderna del concetto di ricompensa e punizione divina


"(...)..Dio non cambia nulla a un popolo finché quel popolo non cambia la disposizione della propria anima...(...)"
(Corano tardo meccano o primo medinese Ar-Ra'd 13,11 trad. Ida Zilio-Grandi)

Questa concezione di paradiso/inferno, di ricompensa/castigo deve indubbiamente essere contestualizzata in un Corano scritto in arabo, per gli arabi (Corano 12,2; 13,37; 16,103; 19,97; 20,113; 26,195; 39,28; 41,3-44; 42,7; 43,3; 44,58; 46,12) in un linguaggio e un modo di porsi tipicamente commerciale adatto alla realtà dell'epoca. La definizione di amāna, (pegno), ad esempio, assume un significato più ampio e allegorico come deposito, cauzione divina (Corano 2,283; 4,58) che . L'escatologia coranica, ad ogni modo, va capita a fondo, alla luce di un contesto moderno e questo modello va attualizzato in una concezione più incentrata sulla compassione e sull'amore. L'adorazione verso Dio è amore, ma senza fini secondari, senza aspettarsi nulla in cambio.

Il sistema della ricompensa e della punizione divina deve oggi essere inteso, ad esempio, in termini moderni di "legge dell'attrazione", secondo cui si afferma fondamentalmente che chiunque possa determinare il proprio destino o comunque contribuire a migliorararsi, tramite il potere della mente e dello spirito. Studiosi come Abraham Hicks, Joseph Murphy, Bruce Lipton, si sono avventurati su queste tematiche, anche in termini di fisica quantistica. Ogni persona continuamente irradia energia nello spazio; il tipo di energia irradiataè determinato dallo stato emozionale dell'individuo in questione e può essere diversa da un giorno all'altro. Pensare positivo e fare quindi il bene, implicherebbe ricevere il bene, come una sorta di ricompensa. Emanare vibrazioni negative, compiendo il male, ad esempio, invece, non produrrebbe altro che male anche a sé stessi, come una punizione divina.

“Che cosa sei diventato, è quello che hai pensato” (Buddha)

"Siamo ciò che pensiamo.
Tutto ciò che siamo
è prodotto dalla nostra mente.
Ogni parola o azione
che nasce da un pensiero torbido
è seguita dalla sofferenza,
come la ruota del carro
segue lo zoccolo del bue"
(Dhammapada)

"Se hai bisogno di Clemenza e Misericordia, usala anche tu!" (J. Rumi)

Ora, senza necessariamente prendere la via del sufismo ascetico con la totale rinuncia delle mondaneità terrene, questa parabola dovrebbe servire da monito che stimoli la comprensione verso uno stadio più elevato, dal punto di vista spirituale, rispetto a quello a cui è stata destinata la rivelazione coranica, (cioè la realtà araba tribale commerciale del perido del profeta Muhammad). Il Corano, in sé, resta attualissimo, le sue interpretazione devono essere mutabili, adattabili al contesto moderno.

Fonti bibliografiche

  • Il Corano a cura di A. Ventura trad. di Ida Zilio-Grandi  - 2010 Mondadori
  • Il Corano a cura di Hamza R. Piccardo 1994/1999 Newton & Compton Editori
  • Mohammad Ali Amir-Moezzi - Dizionario del Corano - Ediz. italiana a cura Ida Zilio-Grandi - 2007
  • Asghar Ali Engineer - Un metodo sufi per la pace nel mondo
  • Arnold Yasin -Quindici Grandi Ragioni Per Cui Dobbiamo Seguire L’Islam Basato Sul Solo Corano - IlsoloCorano (2009)

 

Le informazioni contenute in questa pagina possono differire dalle consuete interpretazioni popolari e scolastiche in campo teologico islamico. Le opinioni ivi contenute rappresentano il ibero pensiero dell'autore.