Nell’Islam, il vero umanesimo

Riscorpire il lato umano dell'Islam, alla luce della crisi del sistema socio-economico occidentale

07 dicembre 2012 - autore: Alberto Milli
Ultimo aggiornamento: 07 dicembre 2012

Basmala
Nel nome di Dio Il più Clemente, il più Misericordioso

Salam
La pace, la Misericordia, e le benedizioni di Dio siano su di voi

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La qualità della vita è sempre di più al centro dei dibattiti televisivi, degli articoli di giornale, dei programmi elettorali dei partiti politici di ogni schieramento e provenienza, delle dichiarazioni dei vescovi, dei sindacati. E mentre si gioisce per l’aumento del PIL e per l'abbassarsi dello spread o ci si interroga sulle cause dell'innalzamento di questo e del calo di quello, mentre si progettano grandi riforme o si tengono conferenze per soli addetti ai lavori, la qualità della vita dei cittadini, pur mantenendo un’esteriorità dignitosa, si contrae sempre di più con modalità che sovente portano il singolo a quella disperazione che mal si concilia con i vari ottimismi della classe politica e dei media.
Volgendo indietro lo sguardo si riscontra che, nel corso dei decenni, si è venuta sempre più delineando una situazione secondo la quale la conquista civile della dignità del lavoro femminile si è trasformata in una sciagura sociale, soprattutto da quando si è affacciata sul panorama del cosiddetto “mercato del lavoro” l’introduzione massiccia dei contratti cosiddetti “atipici”. Sono molti a valutare che tale introduzione sia stata primariamente determinata dall’accettazione supina, da parte dei governi nazionali, delle dinamiche imposte dal capitale internazionale, malamente celate sotto la rispettabile volontà di voler favorire l’emersione del lavoro nero (che spesso è rimasto tale).
Il precariato e la conseguente precarietà, applicati al mondo del lavoro maschile, sono infatti applicati anche al mondo del lavoro femminile, con la naturale conseguenza che la drammaticità della situazione raggiunge il suo apice quando la donna, con la gravidanza, spesso non si vede più riconosciuto il diritto a quella tutela economica denominata “maternità”. In molti casi, anzi, con la gravidanza la donna rischia il licenziamento immediato.
Tutto ciò crea un ulteriore impoverimento della famiglia, già fiaccata dal lavoro “atipico” del marito. Non è azzardato quindi affermare che il lavoro femminile, da diritto quale era in origine, è diventato un amaro dovere, mal pagato, senza garanzie, votato alla precarietà, e persino in contrasto con il diritto ad essere madre.
A proposito della tanto discussa qualità della vita, non si può certo non ricordare la situazione degli anziani. Gli anziani, considerati fortunati in virtù della pensione che percepiscono, vivono in un equilibrio in realtà molto fragile, giacché la loro stabilità economica deriva dal percepire la pensione rimanendo in salute, dal momento che, se l’anziano si ammala o diventa non autosufficiente, vede spalancarsi le porte della povertà o dei cosiddetti “istituti per anziani”, che, sebbene dignitosi, non sono certo il luogo dove una persona sogna di passare gli ultimi anni della propria vita.
I figli, infatti, anche se vicini fisicamente vivendo nella stessa città, non potranno occuparsi del genitore oramai invecchiato, in quanto economicamente incapaci, a causa del lavoro precario e della conseguente precarietà, di sostenere i costi di un’adeguata assistenza domiciliare. Senza considerare l’ormai documentata refrattarietà dei figli di oggi di prendersi cura dei genitori in là con gli anni, anche nei non frequenti casi di tranquillità economica.
Si è venuta quindi a creare, decennio dopo decennio, spot dopo spot, una situazione nella quale - in virtù del progresso, della politica e di tanti altri miraggi – si è persa l’umanità stessa del vivere quotidiano.
E ci vuole un bel coraggio, a questo punto, ad organizzare convegni, a fare conferenze, ad insegnare nelle scuole la filosofia, l’umanesimo e le scienze umane, le conquiste sociali e i progressi della società. Ci vuole un bel coraggio a fare una predica dal pulpito, a parlare in nome di un partito politico, a parlare continuamente di “pari opportunità”, a dire che finalmente siamo liberi e felici.
Ma come possono esserci libertà, “pari opportunità”, progresso, se non c’è più la solidarietà familiare tra generazioni, la possibilità economica di prendersi cura dei genitori, il diritto ad avere figli e a formare una famiglia?
Platone definiva l’uomo “zòon politikòn”, “animale sociale”, ma la società attuale è caduta talmente in basso da costringere l’uomo ad essere solo un animale, e come tale destinato unicamente a lavorare per poter mangiare, senza avere il diritto di progettare il proprio futuro.
E quando l’uomo cessa di essere “animale sociale”, per rimanere solo “animale”, non si può certamente parlare di qualità della vita, e meno che mai utilizzare termini quali “umano” e “umanesimo”.
Ma l’umanesimo non è morto. E’ solo un po’ nascosto, parla sottovoce una lingua che si può sentire solo fuggendo dalle chiacchiere inutili, dalla propaganda, dagli slogan elettorali urlati, dall’egoismo degli spot pubblicitari.

Leggendo il Corano, troviamo in esso un umanesimo inaspettato, una boccata d’ossigeno contro la malvagità dello sfruttamento economico e lo squallore dei falsi rapporti umani. Nel Corano i genitori anziani non sono delle persone da accantonare e di cui non occuparsi. “Siate buoni con i genitori” si legge nella sura IV,36,  e nella sura XLVI,15 “abbiamo ordinato all'uomo la bontà verso i genitori: sua madre lo ha portato con fatica e con fatica lo ha partorito.”.
Infatti “il tuo Signore ha decretato di non adorare altri che Lui e di trattare bene i vostri genitori. Se uno di loro, o entrambi, dovessero invecchiare presso di te, non dir loro “uff!” e non li rimproverare; ma parla loro con rispetto, e inclina con bontà, verso di loro, l'ala della tenerezza; e di': “O Signore, sii misericordioso nei loro confronti, come essi lo sono stati nei miei, allevandomi quando ero piccolo” (Corano XVII,23-24). In quest’ultimo passo vediamo che il rispetto nei confronti dei genitori viene subito dopo il rispetto che si deve a Dio, come leggiamo anche nella sura XXXI,14: “Abbiamo imposto all'uomo di trattare bene i suoi genitori: lo portò sua madre di travaglio in travaglio e lo svezzò dopo due anni: “Sii riconoscente a Me e ai tuoi genitori. Il destino ultimo è verso di Me.” Il Profeta (saw) ha detto che “il Paradiso sta sotto i piedi delle madri” (hadith trasmesso da Nasai e Ibn Majah).
Per avere nei confronti dei genitori il rispetto a loro dovuto è necessario l’amore, ma per dare la possibilità a questo amore di concretizzarsi nell’atto materiale di prendersi cura di loro sarebbe utile all’uomo avere una prospettiva lavorativa seria, che gli permettesse anche di svincolare la moglie da un lavoro che, come su detto, da decenni non è più un diritto, ma unicamente un sentiero obbligato, un dovere senza garanzie e senza prospettive.
Uomo e donna sono vittime della precarietà economica imposta loro dal neoliberismo globalizzato, mantenuto da un sistema economico mondiale fondato sull’usura (ribâ) e sulla speculazione, voluta o inconsapevole (l’Imam Ali – as - ha detto: “Chi esercita il commercio senza conoscere le norme islamiche, ebbene, affonda nell’usura”, Nahju-l-balagah, 348).
Ma, in controtendenza rispetto al laicismo materialista, alla deriva economicista e ai pessimi esempi del mondo della politica, dello sport e dello spettacolo, fortunatamente ci sono ancora donne che, nonostante il problema rappresentato dal lavoro precario e senza garanzie sul domani, aspirano a realizzare la loro femminilità diventando madri piuttosto che uniformandosi all’egoismo globale, vendendo il proprio corpo o svendendo la propria vita.
In tale senso nella sura IV,34 leggiamo che “gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché spendono [per esse] i loro beni. [Le donne] virtuose sono le devote, che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato”. Infatti “l’uomo è pastore sulla gente della propria casa e la donna è pastore della casa del marito e dei suoi figli” (hadith riferito da Ibn ‘Umar e tramandato da al Bukhari e Muslim).
Nei passi appena riportati la donna non viene affatto sminuita. Al contrario, viene enunciata con molta chiarezza la centralità del suo ruolo nella famiglia e la tranquillità di cui dovrebbe godere, senza imposizioni lavorative di sorta.
Ciò sarebbe possibile, però, in un sistema economico più giusto e morale, in grado di garantire al marito delle entrate economiche sufficienti a mantenere la famiglia.
Liberare l’uomo dallo sfruttamento e la donna dall’obbligo (non diritto!) del lavoro alienante e senza diritti, significherebbe dare la possibilità a milioni di persone di poter vivere con serenità la propria vita.


Contro la desolante realtà moderna, infatti, nel Corano troviamo una dolce descrizione del matrimonio: “Fa parte dei Suoi segni l'aver creato per voi delle spose, affinché riposiate presso di loro, e ha stabilito tra voi amore e tenerezza” (Corano XXX,21).
Ecco quindi che l’umanità che si realizza nel prendersi cura dei genitori e nell’aspirazione della donna alla maternità non è più un sogno lontano, un ricordo dei tempi andati, ma è un’utopia realizzabile in quanto parte di un vero e proprio umanesimo, che la modernità sembrava averci sottratto. E questo umanesimo è contenuto nel Corano che, prospettando una vita dignitosa per l’essere umano, assurge al contempo a perenne condanna dello sfruttamento, contro il materialismo (con la sua abbondanza e la sua miseria) e contro il neoliberismo globalizzato (con la sua infinita miseria mascherata da abbondanza). Del resto “il cattivo e il buono non si equivalgono, anche se ti stupisce l'abbondanza che c'è nel male” (Corano V,100).


 

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